REDAZIONE MILANO

UniCredit-Governo, il primo balletto sulle quote

In caso di successo della vendita di Mps, al Tesoro andrebbero azioni del gruppo

Un socio silenzioso e discreto, che non altererà gli equilibri delicati della governance del gruppo UniCredit, tra azionisti forti come Del Vecchio, Caltagirone e Fondazione CariVerona, e altri più tranquilli. Un socio che però non rinuncerà ai dividendi e ai benefici economici e finanziari derivanti dalle quote della banca di piazza Gae Aulenti che finiranno nella sua cassaforte.

Sono le caratteristiche che potrebbe assumere la partecipazione del Ministero dell’Economia, nel caso andasse in porto la cessione del 64% di Mps in mano al Tesoro. Il Mef dovrebbe ricevere in cambio azioni del gruppo guidato da Andrea Orcel. E da quando il ministro Daniele Franco, nell’audizione alla Commissione Finanze, ha paventato questa possibilità, analisti e finanziari si sono sbizzarriti sulla quota di UniCredit che finirà al Governo. Si passa dal 4-5% fino all’8% citato da Giorgia Meloni in un’intervista. La percentuale dipenderà dal perimetro degli asset del Monte dei Paschi che finiranno a UniCredit e dalla struttura dell’operazione, se sarà scorporo e poi fusione, o acquisizione in blocco e poi vendita di sportelli.

In ogni caso le azioni dovrebbero essere prive del diritto di voto o con diritto di voto congelato, conservando tutti i benefici e diritti economici. Sarebbe anche un modo per non registrare una minusvalenza pesante per la cessione di azioni Mps, prese in carico a 5,4 miliardi di euro.

In alternativa il Tesoro potrebbe ricevere un bond convertibile, anche se questa opzione non è considerata. Anche perché in commissione Finanze, il ministro Franco era stato chiaro: "E’ possibile che il Tesoro riceva azioni Unicredit ma tale eventuale partecipazione al capitale azionario del gruppo non dovrebbe alterare gli equilibri di governance. Lo Stato "parteciperà a tutti i benefici economici in termini di creazione di valore". Il Governo non pretenderà posti in consiglio, anche per allontanare agli occhi degli investitori e dell’Europa, l’immagina di una banca nella quale la politica abbia un suo peso.