"Siamo da sempre dalla parte dei penultimi. Di chi attraversa un momento difficile magari perché è rimasto senza lavoro, perché ha divorziato, perché l’arrivo di un figlio ha destabilizzato un’economia familiare già in equilibrio precario. Di chi, pur avendo un lavoro, non riesce a vivere dignitosamente. E a Milano queste persone aumentano sempre di più". A parlare è Valentina Pellegrini, vicepresidente del Gruppo Pellegrini – fondato nel 1965 dal padre Ernesto, ottantatreenne, cavaliere del lavoro, che è stato anche presidente dell’Inter dal 1984 al 1995 – incentrato sui servizi dedicati alle aziende tra cui spicca la ristorazione collettiva, con i buoni pasto in primis.
Qual è la vostra missione?
"La potrei riassumere in “favorire le ripartenze“ facendo rete con il territorio. Per dare speranza. Aiutare ma con sensibilità, tutelando la dignità. E mi piace ricordare sempre che il costo della cena, al ristorante Ruben, è di un euro: si paga una cifra simbolica, così che non si pensi di andare in una mensa dei poveri ma di pagare una cena, con un menù, con degli chef che ogni sera cucinano piatti diversi. I menù sono studiati dallo staff di cuochi e nutrizionisti della Pellegrini e garantiscono un’alimentazione sana ed equilibrata".
Alla Triennale, si è parlato dei prezzi sempre più alti soprattutto delle case. Avete in mente progetti per far fronte all’emergenza abitativa?
"Cerchiamo sempre di attivarci in più campi. Qualche anno fa, e non è escluso si possa andare avanti, abbiamo fatto una sperimentazione: ci sono state affidate cinque case popolari da ristrutturare e noi abbiamo provato ad azionare un circolo virtuoso, perché questi alloggi sono diventati un’opportunità di formazione per alcuni dei nostri assistiti, che, guidati, hanno imparato a svolgere dei lavori in campo edilizio. Competenze che hanno poi speso per cercare lavoro. E gli alloggi sono diventati casa temporanea per altri assistiti. Quindi una doppia opportunità".
Adesso avete altri progetti in mente?
"Sì: “Futuro prossimo“, un progetto di welfare ponderato che si basa sull’aiuto a un gruppo di persone, indicativamente 30, 50 famiglie, con la costruzione di un percorso personalizzato di sostegno, attraverso dei tutor, l’erogazione di servizi legati alla famiglia, alla salute, all’ambiente. È un progetto di welfare ma pensato in maniera personalizzata e specifica sui bisogni di 30 o 50 famiglie che già frequentano Ruben e che verranno accompagnate in un percorso sempre finalizzato alla ripartenza. Vogliamo far sì che si liberi del tempo o che si liberino delle risorse, diversamente impiegate, per permettere alle persone che costituiscono la famiglia di lavorare".
In occasione dell’anniversario dei 10 anni della Fondazione è stata creata un’opera con 100 ritratti. Di che si tratta?
"Si chiama “DiVisi“ e rappresenta l’invisibilità della differenza: sono 100 volti di persone che frequentano il ristorante solidale Ruben, 50 utenti e 50 tra operatori e volontari, fotografati da Riccardo Bagnoli. Le persone in condizione di fragilità non sono riconoscibili: sono visi tra visi. Ma uomini e donne di-visi nei fatti, perché si trovano ad affrontare un momento di di difficoltà. Sta a ciascuno di noi riconoscere l’altro, entrandoci in contatto e stabilendo una relazione".
Marianna Vazzana