
AMARCORD Smaila con Silvio Berlusconi e Jerry Calà
Milano, 4 giugno 2017 - «Io faccio parte di quella fetta di umanità che dice che bisogna anche divertirsi nella vita: uno può leggere la Critica della ragion pura di Kant e poi uscire e andare in discoteca. La Milano da bere viene criticata come momento di superficialità, ma perché?». Anche per la sua nuova avventura, il cabarettista, imprenditore e musicista Umberto Smaila ha scelto la sua Milano. Villa Smaila sarà la versione estiva del ‘Cost’, che tutti i giovedì ha visto esibirsi insieme padre e figlio, Umberto e Rudy Smaila. Cena-spettacolo all’aperto dal 15 giugno, sempre il giovedì, in via Fabio Massimo 36.
Un nuovo tuffo nella “Milano da bere”?
«Villa Smaila è un locale indipendente, all’aperto, dove si mangia, si beve, ci si diverte, ci sarà musica dal vivo; proporrò il mio consueto repertorio live, musica anni ‘70-‘80 e ci metterò dentro qualcosa di mio, Rudy metterà del suo. Saranno belle serate in una Milano mi auguro “da bere”. Poi diventerò una specie di trottola e girerò per tutta l’estate».
Milano però è sempre stato un punto di partenza. Il primo passo?
«Bisogna ritornare all’epoca del Papiro. Era il 1971 al Derby di via Monte Rosa, lì siamo nati noi, I Gatti di Vicolo Miracoli. Venivamo da Verona, era come andare dal Minnesota a New York».
È ancora la patria del cabaret?
«Sì. Io sono totalmente pro Milano e sono di parte. Noi non ci appoggiavamo a forme dialettali come i napoletani e i romani, che hanno fatto della loro parlata la carta vincente del loro umorismo. È più difficile far ridere parlando in italiano corretto. Apparteniamo a quella scuola lì, che poi trae le sue origini da Cochi e Renato, Dario Fo, il Teatro dei Gobbi e il cabaret milanese».
Quali sono i suoi luoghi del cuore?
«Milano mi piace tutta: il centro, le vecchie case milanesi illuminate, i parchi. La città è migliorata molto sotto il profilo puramente estetico, con questo skyline che brilla. La zona di Brera la frequento meno perché parcheggiare è più difficile, bisogna scarpinare. Ho i miei gusti. In via Losanna vado a mangiare del pesce meraviglioso; abito in zona Piero della Francesca che sembra una ‘Petite Paris’. C’è vicino anche Pietro Paolo Virdis, il capocannoniere del primo scudetto Berlusconi, con le specialità della sua Sardegna. Ci saranno almeno 40-50 barettini, sembra un po’ la Milano da bere».
Milano è stata una scelta?
«Quando sono finiti gli anni del cabaret, ho deciso di rimanere qui, sono quello più milanese dei quattro ex Gatti. Tutto quello che amo questa città me lo offre senza dover stare ore e ore in macchina come i romani. Ci sono le mostre, c’è la musica e io sono appassionato di jazz. ‘Milan l’è on gran Milan, col cor in man’».
E poi c’è il Milan.
«Ah sì, e io sono milanista da sempre. Ho scritto l’inno degli ultrà, Cuore Rossonero. Era il 1986, in occasione del primo scudetto, lo cantano ancora oggi...».
Come ha visto questa svolta cinese?
«Mah, con gli occhi tirati, a mandorla, quindi un po’ sfocato (ride). Ho visto che abbiamo comprato qualche giocatore. Quello che ha fatto Berlusconi per il Milan è stato straordinario, sarà difficile ripeterlo, c’era molto amore e milanesità. Se i cinesi cominciano a parlare un po’ il dialetto, “Ti, venchì”, o iniziano a mangiare cassoeula, chissà. Mi fa molto piacere sapere però che nel mondo e anche in Oriente ci siano tanti tifosi del Milan, è motivo di grande orgoglio e la conferma che Milan l’è on gran Milan».
Ci sono anche più interisti, però...
«C’era un famoso scienziato, Cesare Lombroso, che aveva una teoria, che è stata molto contestata, secondo la quale i criminali presentavano particolari fisici simili. Secondo me la teoria di Cesare Lombroso va benissimo per gli interisti, perché se tu li guardi sono tutti brutti e antipatici (ride), mentre noi milanisti siamo più sereni. Guarda me, Abatantuono, Gerry Scotti, Teo Teocoli, Massimo Boldi, e guarda loro, Elio e le Storie Tese, Paolo Rossi, Salvatores. La Pausini è bella paciarotta, e infatti è milanista. Sul fatto che anche gli interisti siano cinesi, diciamo che siamo una città multietnica, che fa molto più figo».
Tornano anche le produzioni cinematografiche a Milano.
«A proposito, con i Gatti abbiamo fatto un film, che uscirà a settembre e che si chiama “2017 Odissea nell’ospizio”».
Ed è girata qui?
«No, fuori Roma, le maestranze erano tutte romane. Ma non ci sono riferimenti geografici e ci siamo noi, io sarò Gilberto Smania. Ho scritto anche la colonna sonora (nella sua carriera ne ha scritte 32 oltre a decine di canzoni che sta remixando in un nuovo cd, ndr)».
Se Milano fosse un programma televisivo, quale sarebbe?
«“Colpo Grosso”, che è stata la trasmissione italiana più venduta al mondo. Ventotto anni dopo mandano in onda ancora le repliche, non senti il peso degli anni. Il mio Colpo Grosso l’ho fatto venendo qui, conoscendo i miei amici. È cambiata la mia vita».