REDAZIONE MILANO

Ucciso Beriain, giornalista accusato di truffa

L’ombra dell’inchiesta della Procura sul suo programma Clandestino e i servizi sulla ’ndrine a Milano. Ora la morte in Burkina Faso

Dei tre "occidentali" rapiti lunedì e poi "giustiziati dai terroristi" filo al-Quaida in Burkina Faso, secondo quanto riferito da un funzionario della sicurezza burkinabè all’Afp, il più famoso era lo spagnolo David Beriáin. Quarantaquattro anni, giornalista d’inchiesta, la sua morte e quella del cameraman di 47 anni Roberto Fraile, confermata dal premier Pedro Sanchez, è "una nuova tragedia per il giornalismo", ha scritto su Twitter l’ong Reporter senza frontiere, ricordando "il coraggio eccezionale dei reporter che tentano di informarci sul Sahel".

Beriáin e Fraile erano entrambi veterani dei fronti di guerra: l’operatore, che lascia due figli, era stato ferito da una scheggia in Siria nel 2012. Beriáin era stato inviato speciale in Iraq e in Afghanistan, aveva coperto i conflitti in Sudan, Congo e Libia, era uno dei pochi giornalisti a essere entrato nei campi delle Farc e proprio col suo lavoro in Colombia era stato finalista al più prestigioso premio internazionale per i corrispondenti di guerra. Era anche un documentarista, noto in Italia per aver firmato uno dei reportage della serie “Il mondo nei narcos”, e autore di un programma televisivo, “Clandestino”, sulla criminalità organizzata nel mondo. Proprio in quest’ultima veste la Procura di Milano ha gettato forse l’unica ombra sulla sua carriera di reporter d’inchiesta: appena un mese fa Beriáin, insieme ad altre tre persone, aveva ricevuto un avviso di chiusura indagini per un’inchiesta su un suo reportage esclusivo sulla ’ndrangheta, con interviste a esponenti dei clan e rivelazioni scottanti, andato in onda in Italia sul canale Nove nel novembre del 2019.

Fu un carabiniere a insospettirsi, vedendo ripreso un palazzo normalissimo e mai sfiorato dalle indagini dell’antidroga che veniva presentato come raffineria per la cocaina importata a Milano. Gli approfondimenti investigativi del nucleo operativo della Compagnia Magenta, coordinati dalla pm Alessandra Cerreti, hanno convinto la Procura che quel servizio fosse un fake, una truffa ai danni di Discovery Italia che pagò quel documentario 425mila euro. Tra le quattro persone coinvolte nell’indagine c’è anche un italiano, il 53enne Giuseppe Iannini, ex carabiniere già condannato a 3 anni in primo grado per divulgazione di segreto d’ufficio (l’accusa era aver trafugato alcune informative sul clan Puca in cui era citato il parlamentare Luigi Cesaro per cederle all’ex sottosegretario Nicola Cosentino). Beriáin e Fraile, ha scritto Reporter senza frontiere, "sono stati uccisi mentre preparavano uno dei loro grandi reportage sulla preservazione della natura"; insieme a un irlandese, che in base alle prime informazioni viveva in Olanda e secondo il Guardian lavorava per una Ong specializzata nella lotta al bracconaggio.

In base alle prime ricostruzioni i tre giornalisti facevano parte di un gruppo di circa 40 persone (15 di scorta) al seguito di una pattuglia anti bracconaggio nel Sud-Est del Burkina Faso, vicino a una riserva naturale verso il confine col Benin; un veicolo e alcune moto di questo convoglio lunedì mattina sono incappati in una postazione di "terroristi che hanno aperto il fuoco", ha riferito il ministro della Comunicazione burkinabè, ferito tre uomini della scorta e rapito i due spagnoli, l’irlandese e un cittadino burkinabè, per poi "giustiziare i tre occidentali". Se l’identità dei rapitori, ha poi precistato lo stesso ministero, "non è accertata in maniera chiara", una formazione jihadista, il Jnim, ha rivendicato in un messaggio audio di aver "ucciso tre bianchi", "preso due veicoli con armi e 12 motociclette". Fra i sopravvissuti all’imboscata, avvenuta nell’orbita della regione del Sahel da anni sotto attacco dei gruppi jihadisti, ci sarebbe un cittadino svizzero. Re. Mi.