
I vetri frantumati del Ducato parcheggiato in via Varsavia dove dormivano il diciottenne e la compagna
Il gup di Milano Roberto Crepaldi ha condannato, al termine del processo con rito abbreviato, i quattro imputati per l’omicidio di Jhonny Sulejmanovic, diciottenne di Torino di origine bosniaca: tre le condanne a 18 anni per il delitto di via Varsavia, mentre un quarto imputato è stato condannato a dieci anni per il concorso nell’uccisione avvenuta la notte tra il 25 e il 26 aprile 2024. Accolta pienamente la linea dell’accusa rappresentata dal pm Pasquale Addesso. Le pene maggiori riguardano Roberto Ahmetovic, 33 anni, il cognato Jagovar, 38 anni, e Rubino Sulejmanovic, 35 anni, mentre Qemajl Gjigolli, 64 anni, che guidava la Mazda 3 del commando, ha preso la condanna inferiore. Le motivazioni saranno depositate entro 60 giorni. Restano due latitanti del gruppo di fuoco, tra cui il presunto esecutore materiale.
L’omicidio, secondo quanto ricostruito dalla squadra Mobile milanese – al lavoro i poliziotti della Omicidi guidati dal dirigente Alfonso Iadevaia e dal funzionario Domenico Balsamo – era stato consumato al culmine di un’aggressione messa a segno in via Varsavia, di fianco all’Ortomercato: i responsabili avevano assaltato il furgone nel quale la vittima dormiva con la moglie incinta, infrangendo i vetri con delle mazze di ferro, per poi colpire il diciottenne con almeno tre colpi d’arma da fuoco calibro 7.65. Prima di allontanarsi, il gruppo aveva sparato altri colpi a scopo intimidatorio verso i familiari della vittima, accorsi nel frattempo sul posto. Jhonny Sulejmanovic morì poco più di un’ora dopo al Policlinico. L’indagine ha consentito di individuare il movente in una precedente lite, avvenuta poche ore prima, tra due degli indagati e la vittima. La stessa compagna e il papà del diciottenne avevano subito indicato alcuni dei presunti responsabili. Stando a quanto ricostruito, poche ore prima lo avevano invitato a bere una birra con loro per "chiarire qualcosa". In quell’occasione Sulejmanovic avrebbe reagito, allontanando gli altri. Uno “sgarro“ che è stato ritenuto evidentemente “imperdonabile“. Tanto che alle 3.15 scattò l’agguato.
La prima tranche di arresti risale al 21 giugno, quando erano finiti in cella Roberto e Jagovar Ahmetovic e Rubino Sulejmanovic. E lo scorso 12 settembre è toccato al sessantaquattrenne kosovaro Qemai Gjigolli. A incastrarli sono state le immagini delle telecamere della zona, che hanno ripreso la prima lite e il successivo raid, e i messaggi e le telefonate di Roberto Ahmetovic che, dopo l’incontro andato a finire male, avrebbe reclutato parenti residenti nella Bergamasca per attuare la spedizione punitiva. Jhonny Sulejmanovic si era trasferito da pochi mesi a Milano con la moglie e gli altri familiari, posizionandosi con il camper in via Varsavia.
Marianna Vazzana