ANDREA GIANNI
Cronaca

Raphael Alessandro Tunesi, albergatore ucciso in Messico. Gli appelli dal Chiapas a Milano: “Sua figlia rischia, va protetta”

La moglie Elisabeth Gomez Jimenez, presunta mandante, è in libertà vigilata. “Ho il terrore che uccida anche me”. Il ricordo di un amico: ci parlava sempre del Duomo, era un milanese rinascimentale

Raphael Alessandro Tunesi

Raphael Alessandro Tunesi

Il ricordo dell’amico messicano di Raphael Alessandro Amedeo Tunesi torna ai racconti sulla "lunghissima storia del Duomo", perché "anche nella giungla tropicale del Messico meridionale Milano non ha mai smesso di vivere in lui". Lo definisce un "milanese rinascimentale", che allo studio della cultura maya unì l’ingegno che gli ha permesso di creare un hotel "unico al mondo" e di riportare piante e animali su un terreno rimasto spoglio. Un ritratto appassionato e un appello, alle autorità italiane, per tutelare la figlia 16enne di Tunesi e occuparsi di un caso giudiziario finito sotto i riflettori in Messico.

L’imprenditore rimase vittima di un agguato il primo luglio 2022, all’età di 43 anni, nel Comune di Palenque, in Chiapas, dove gestiva un albergo e si occupava di ricerche sui maya. Per l’omicidio, dal movente economico, fu arrestata come mandante la moglie Elisabeth Gomez Jimenez che, come ha riferito nei giorni scorsi l’agenzia Agi, ha ottenuto dai giudici messicani la libertà vigilata in base alla legge che lo prevede nel caso siano trascorsi più di due anni dai fatti senza una sentenza. E qui la vicenda si intreccia con la sorte della figlia minorenne di Tunesi.

Uscita dalla prigione, Elisabeth Gomez Jimenez ha subito chiesto che l’adolescente torni a vivere con lei nell’hotel ma la ragazza, cittadina italiana che attualmente vive con una una conoscente, si è opposta. Ha paura, infatti, che la madre possa fare del male anche a lei, con l’obiettivo di rimuovere un possibile ostacolo. L’eredità di Tunesi, se la vicenda giudiziaria dovesse avere sviluppi a lei favorevoli, potrebbe infatti finire nelle mani della donna accusata di aver commissionato il suo omicidio.

"Non voglio andare a vivere con mia madre, ho il terrore che uccida anche me", ha spiegato la 16enne, assistita dall’avvocato Aurelio Martinez Rosalas, che sta cercando di evitare il trasferimento appellandosi ai rischi che la minorenne potrebbe correre. Un timore manifestato anche per vie diplomatiche, su un caso monitorato dall’ambasciata italiana a Città del Messico. Pericoli che emergono anche da un episodio rivelato dal giornale messicano El Universal, perché la ragazza avrebbe subito un pesante "interrogatorio" e intimidazioni da parte di due legali della madre.

Una situazione delicata e in evoluzione, finita al centro di una battaglia legale in Messico e di appelli che dal Chiapas attraversano l’oceano e arrivano fino a Milano. Tunesi, pur vivendo da tanti anni all’estero, era rimasto legato all’Italia, tanto che poco prima di essere ucciso si era rivolto all’ufficio anagrafe del Comune di Corbetta perché voleva ricostruire il suo albero genealogico e risalire alle origini della sua famiglia.

L’imprenditore, racconta l’amico, è nato a Monaco di Baviera ma "il suo spirito si è formato a Milano", città natale del padre dove la famiglia avrebbe ancora una proprietà immobiliare. Una famiglia cosmopolita, con una passione per i viaggi e la cultura che potrebbe aver condizionato anche le scelte di vita di Tunesi, dopo gli studi alla scuola tedesca di Milano, il liceo e la laurea in Giurisprudenza presa sotto la Madonnina coltivando sempre la passione per l’archeologia e le antiche civiltà del Messico.

"Il giorno in cui tornò a casa con la sua laurea fresca di stampa annunciò che aveva compiuto quello che volevano i genitori – spiega l’amico – e che sarebbe andato a Palenque per aprire un albergo e stare il più vicino possibile a una delle grandi città maya dell’antichità. Acquistò un terreno dove non cresceva più nemmeno un albero di quella che un tempo era stata una fitta foresta e lo rimboschì con alberi autoctoni fino a ricreare una piccola foresta, dove col tempo tornarono spontaneamente molti animali selvatici, tra cui persino un coccodrillo. In poco tempo costruì un hotel che oserei definire unico al mondo – prosegue – che combinava antiche tecniche di pittura veneziana nelle camere, oggetti di gusto squisito e monumenti maya moderni".

Rapha, come lo chiamavano gli amici, parlava uno "spagnolo sui generis, con "accento milanese". Era "conosciuto e stimato in tutta Palenque", un italiano in Messico "sempre vestito in modo impeccabile" che amava raccontare la storia del Duomo. "In tutto ciò che faceva, Rapha rendeva onore alla sua patria – conclude l’amico –. Chi ha spento la sua vita ha cercato di fare il possibile per far dimenticare che è esistito. Tutti i suoi oggetti personali sono stati regalati. La sua pagina Facebook è stata cancellata e l’hotel che testimonia gran parte dei sogni di questo straordinario milanese finirà per scomparire, non essendo più animato dall’amore e dall’intelligenza del milanese rinascimentale che lo fece sorgere da un pascolo spogliato fino all’ultimo albero".