ANDREA GIANNI
Cronaca

Truffe sugli affitti fantasma, il trucco: far intestare carte prepagate a tossicodipendenti e clochard

La tecnica è emersa durante il processo a Milano a una 36enne (poi assolta): i malviventi offrono soldi a ignari prestanome, che poi si ritrovano denunciati

I truffatori cercavano i prestanome giusti preferibilmente fra tossici e senzatetto

Milano – La tariffa è di 100 euro, offerti a tossicodipendenti in cambio della disponibilità ad aprire a loro nome e con i loro documenti carte prepagate Postepay, che poi vengono usate a loro insaputa per raggiri sulle case in affitto. Così i truffatori restano impuniti, e le conseguenze penali si scaricano solo sulle persone che per denaro hanno ceduto la loro identità. Un sistema venuto alla luce in un processo, davanti al Tribunale di Milano, che si è concluso con l’assoluzione di una 36enne, da anni in cura al Serd, accusata di truffa. Processo scaturito dalla denuncia presentata nel 2018 alla Polizia postale da una studentessa universitaria che, cercando casa a Milano, è caduta nella trappola.

Lo schema è un classico, a partire dall’annuncio-esca pubblicato su un noto portale con tanto di foto di un appartamento in Porta Venezia e un numero di telefono. "L’annuncio riportava che c’era una camera singola al prezzo di 525 euro – ha raccontato in aula la vittima – e ho subito chiamato". Ha risposto una certa "signora Franca" che, sostenendo di trovarsi fuori Milano e di aver ricevuto altre richieste, ha convinto la ragazza a versare un "anticipo di due mensilità", 1.050 euro, per bloccare la camera. Quando la vittima si è presentata all’appuntamento per firmare il contratto non ha trovato nessuno, e ha scoperto che a quel civico c’erano solo uffici. Nel frattempo la "signora Franca" era scomparsa. "Ho avuto un attacco di panico – ha ripercorso in aula – ho iniziato a piangere".

Su consiglio di un’amica, quindi, ha presentato subito la denuncia. L’unica traccia era la Postepay, che ha consentito però di risalire solo alla titolare, risultata ignara della truffa. La 36enne ha spiegato di aver incontrato in zona Porta Palazzo, a Torino, alcuni uomini dell’Est Europa che le hanno offerto 100 euro. "Hanno detto che non avevano i documenti per aprire la Postepay e quindi hanno chiesto a me e anche ad altre persone – ha spiegato in aula –. In quel momento non ero lucida, mi interessava solo prendere quei 100 euro". Gli uomini l’avrebbero accompagnata in un ufficio postale, dove la 36enne ha "aperto tre carte prepagate tutte a suo nome", subito consegnate ai “committenti“ assieme a pin e codici. Carte che sono state quindi usate per commettere le truffe, con l’impunità garantita dal fatto che le indagini avrebbero portato solo all’identità degli intestatari, la donna assolta a Milano e altri tossicodipendenti finiti al centro di analoghi guai giudiziari. Il suo legale, l’avvocato Roberto Falessi, ha anche sollevato in aula un aspetto, meritevole di approfondimenti: "Per poter aprire tre carte intestate alla stessa persona, non è difficile ipotizzare che all’interno dell’ufficio postale ci fosse qualcuno compiacente con questi signori".