Maxi truffa dei telefoni, i giudici: “Tim consapevole”. La replica della compagnia: “Noi vittime, abbiamo rimborsato i clienti”

Milano, l’ordinanza di sequestro di 250 milioni alla società: “L’operatore non ha mai messo in campo misure per prevenire le attivazioni fraudolente”

Inchiesta sull'attivazione truffaldina dei servizi Vas per telefonini (Archivio)

Inchiesta sull'attivazione truffaldina dei servizi Vas per telefonini (Archivio)

Milano – Tim sarebbe stata “consapevole” del “sistema di attivazione fraudolenta” dei “servizi vas” sui telefonini, ossia quelli aggiuntivi a pagamento e non richiesti dai clienti. Lo sostengono i magistrati nel decreto di sequestro preventivo di 322 milioni, di cui quasi 250 alla compagnia di telecomunicazioni, disposto dal gip Patrizia Pepe, nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta maxi truffa sulla telefonia. Accusa alla quale Tim risponde sostenendo che i fatti oggetto dell’indagine si qualificano come “truffe ai danni” della stessa società e di aver proceduto al rimborso “di tutte le attivazioni irregolari”.

Le intercettazioni

Nel provvedimento del Gip di Milano in più punti si parla, appunto, della “consapevolezza di Tim”, società che comunque non è indagata. “Consapevolezza” – sostiene il magistrato – confermata da una serie di conversazioni intercettate “in merito al blocco delle attivazioni occorso nel settembre 2018”. Oppure dagli interrogatori effettuati da inquirenti e investigatori in cui si afferma che “tale sistema era noto alla Tim fin dal 2017, ma l’operatore telefonico non ha mai messo in campo idonee misure per prevenire le attivazioni fraudolente, salvo poi intervenire nel 2019/20, a seguito dell'ispezione Agcom”.

Fino a luglio 2020

Inoltre, annota sempre il gip, “anche dopo la risoluzione del bug sistemico” che avrebbe consentito “la manipolazione delle informazioni per l'attivazione dei servizi Vas”, il presunto meccanismo illecito sarebbe continuato “per tutto il 2019 e il 2020 (anche in fase di lockdown Covid) fino al luglio 2020” quanto in Procura a Milano ci fu una conferenza stampa sulla prima tranche dell’inchiesta.

Sistema PPP e importi irrisori

Il giudice valorizza anche le dichiarazioni di un indagato dalle quali è emerso che “l’operatore telefonico Tim (al pari di quanto verificato nell'indagine principale in relazione all'operatore WindTre) ha posto in essere – si legge nel decreto di sequestro – a danno dei consumatori, un ulteriore sistema truffaldino noto come PPP (ossia attivazioni di servizi non richiesti tramite la sola navigazione dell'utente su apposite pagine web), con addebito in bolletta importi irrisori (come 0,09 centesimi, così da non essere facilmente individuabili)”. Infine, nell’atto giudiziario si spiega che “la formula della ripartizione degli introiti connessi ai servizi Vas prevedeva il 50% a Tim, il 5% agli hub tecnologici e il 45% ai Csp, ossia i creatori e aggregatori di contenuti (Content service provider)”. 

La replica di Tim

Da parte sua Tim ha replicato con un comunicato nel quale dice di aver “appreso con sorpresa dagli organi di stampa della richiesta di sequestro, presentata dalla Procura di Milano e concessa dal Gip del Tribunale di Milano, in relazione al fenomeno delle attivazioni irregolari dei servizi di valore aggiunto, la quale interviene a oltre 5 anni dai fatti per cui si procede. La società, sin dal 2019, non appena ha avuto contezza di irregolarità, ha proceduto di propria iniziativa a segnalare i fatti alla Procura di Roma, la quale, all'esito del procedimento, ha qualificato i fatti come truffe ai danni di Tim”. 

I rimborsi

Tim – si legge ancora nella nota – “ha altresì tempestivamente adottato ogni iniziativa per tutelare la propria clientela, provvedendo, tra il 2019 e il 2020, al rimborso di tutte le attivazioni irregolari di cui ha avuto contezza e al blocco dei servizi a valore aggiunto risultati interessati da attivazioni irregolari. La società confida pertanto che ogni aspetto della presente vicenda sarà chiarito nei tempi più brevi”.