Troppi pazienti, Città Studi in tilt. "Il prefetto ci aiuti"

Il direttore della clinica: 85 degenti in area medica contro 59 posti accreditati, indecente mettere le persone sui materassini per terra

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Il caldo che mette a dura prova la salute degli anziani, i pazienti Covid-positivi, l’ordinaria attività internistica ospedaliera. Emergenze che si intrecciano e stanno portando sull’orlo del tilt diverse strutture sanitarie, sotto i colpi dell’afa. Dopo giorni di temperature arroventate, l’Istituto clinico Città Studi è al "quarto alert lanciato a tutte le autorità, due di questi Sos molto angosciati", si è sfogato con Adnkronos Salute Pasquale Ferrante, direttore sanitario e scientifico della struttura milanese. "Noi abbiamo qualcosa come 85 pazienti di area medica, di cui 28 positivi al Covid, per un ospedale che è accreditato per 59 posti letto di area medica. All’inizio volevamo scrivere al prefetto, poi guardando il report dell’Areu ci siamo resi conto che fra gli ospedali dell’area metropolitana ce ne sono numerosi che hanno problemi di affollamento, in crisi come noi. Ci siamo detti: “Aspettiamo domani e dopodomani per vedere come va e, se l’emergenza persiste, scriviamo al prefetto che è l’unica autorità che può chiudere un pronto soccorso“. Ma noi non vorremmo fare questo. Vorremmo solo riuscire a rimettere in moto il meccanismo per cui dimettiamo e ricoveriamo. Invece siamo purtroppo fermi alla fase del ricovero, con difficoltà enorme di dimissioni".

Ferrante analizza come si è arrivati a questo punto: "Abbiamo due emergenze. Una è abbastanza frequente alla società milanese: l’accesso notevole al pronto soccorso di pazienti, la maggior parte dei quali sono di area medica, internistica. In particolare in aree come quella servita dal nostro ospedale, abitata da tanti “grandi anziani“. Pazienti che hanno patologie di natura respiratoria o cardiologica, vediamo tanti scompensi, riacutizzazioni di broncopneumopatie croniche. Questo tipo di pazienti è costantemente in aumento e su questo trend incide il grande caldo di questi giorni".

Mercoledì l’Ats ha lanciato un alert alle strutture ospedaliere annunciando il possibile “super afflusso“ nei pronto soccorso a causa dell’afa. "Ma in effetti – ragiona Ferrante – le temperature sono elevate già da un paio di settimane e questo ha probabilmente già portato molti anziani all’ospedale. C’è un altro problema sottotraccia, i pazienti Covid-positivi, per i quali registriamo un aumento molto importante e significativo". Nella clinica Città Studi "siamo passati da 4-5 pazienti un mese fa alla situazione di oggi che vede 28 ricoverati col virus, tre al pronto soccorso in attesa di avere un posto letto e uno in terapia intensiva. Molti sono pazienti che avevano disturbi respiratori anche lievi, risultati positivi al tampone. Altri sono anziani positivi, venuti in ospedale per cadute che non escludo siano avvenute a seguito dei primi sintomi generici del Covid. Altri pazienti, 6-7 su 28, sono venuti per altre cause e sono positivi".

Ulteriore problema in un quadro già critico, "abbiamo un numero, al momento limitato, ma da tenere sotto sorveglianza, di pazienti ricoverati che si positivizzano. Abbiamo tentato di fare un’analisi su questo e l’idea che ci siamo fatti è che potrebbe esserci il rischio che i parenti in visita ai malati portino il virus, vista l’enorme frequenza di positività che c’è in questo periodo in Italia. Anche perché spesso li troviamo senza mascherine nelle stanze e non possiamo fare controlli a tappeto. Abbiamo limitato le visite a due fasce orarie di 45 minuti ciascuna, e a una sola persona per paziente ma purtroppo abbiamo questo sospetto".

L’eccesso di pazienti ricoverati che si fatica a dimettere si riflette sul pronto soccorso, osserva Ferrante: "Stanno arrivando tanti pazienti. Essendo il nostro un pronto soccorso non tanto grande, i positivi a Covid li possiamo mettere in una piccola area e per ora riusciamo a tenerli isolati pur con difficoltà. Ma poi ci sono gli altri pazienti, i non Covid. Avendo ormai saturato i posti letto di Medicina che abbiamo, non riusciamo a ricoverarli e questo comporta una persistenza al pronto soccorso. Quando dopo 24 ore riusciamo a ricoverare, nel frattempo si è già ricreata una nuova coorte di pazienti di area medica positivi e negativi a Covid che hanno bisogno di ricovero". E l’effetto di avere così tanti pazienti di competenza internistica, 85, è "che abbiamo uno stress enorme sui nostri operatori. Noi abbiamo un organico misurato su altri numeri (i 59 posti letto accreditati di area medica, ndr), non per il 113% in più come adesso", precisa Ferrante.

Cosa potrebbe sbloccare il meccanismo inceppato, ma invece manca? "Secondo me mancano strutture di cure intermedie o anche più basse, tipo alberghi, che possano prendersi i pazienti Covid – ragiona il dirigente –. Nessuno si aspettava probabilmente un rimbalzo del genere, ma questo significa che noi non dimettiamo i pazienti Covid, salvo rarissimi casi. E il sistema è intasato. Molto spesso l’Areu ci chiama perché noi teniamo le barelle ferme troppo tempo, pregandoci, imponendoci di liberarle. Ma liberarle è quasi impossibile quando tutte le barelle di pronto soccorso e strutture adiacenti sono già occupate". Poi, la stoccata al sistema lombardo: "Mi vengono sempre in mente le cronache di qualche tempo fa di un ospedale del Sud Italia. E dico: non possiamo mettere i pazienti sui materassini per terra, è indecente. La situazione è davvero critica". La risposta agli alert lanciati è stata "che tutti gli ospedali sono in sofferenza. E io mi chiedo: perché non viene dichiarata una specie di emergenza? Qualcosa che permetta di lavorare di più. Oggi noi abbiamo il numero minimo di infermieri possibile, e così un po’ tutti gli ospedali. L’assistenza diventa complicata così - assicura il direttore - e i percorsi di cura si allungano se ci sono troppi pazienti per pochi medici e infermieri".

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