Treno deragliato a Pioltello, l’accusa contro Rfi: “Omissioni in manutenzione e sicurezza”

La requisitoria del pm, attese per oggi le richieste di condanna per i 9 imputati al processo tra cui l’ex ad di Rfi, Maurizio Gentile

Il disastro ferroviario di Pioltello del 25 gennaio 2018

Il disastro ferroviario di Pioltello del 25 gennaio 2018

Pioltello (Milano) – “Una vicenda grave, con tre persone morte e oltre 200 rimaste ferite e con problemi psicologici, un quadro di ricostruzione complesso che coinvolge i vertici e una della maggiori aziende italiane, monopolista delle infrastrutture ferroviarie”.

Così il pm di Milano Leonardo Lesti, con a fianco la collega Maura Ripamonti, ha iniziato la requisitoria nel processo sul disastro ferroviario di Pioltello, nel Milanese, in cui il 25 gennaio 2018 in seguito al deragliamento del regionale Cremona- Milano Porta Garibaldi morirono tre persone e oltre 200 rimasero ferite. Nel processo, che oggi arriverà alla fase delle richieste di condanna, figurano nove imputati tra i quali, oltre a Rete ferroviaria italiana anche responsabile civile, l'ex ad Maurizio Gentile e altri ex dirigenti, dipendenti e tecnici di Rfi. Al centro del procedimento le accuse di disastro ferroviario colposo, omicidio colposo, lesioni colpose e solo per alcuni “rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro”.

Il deragliamento, stando alle indagini, avvenne a causa della rottura di uno spezzone di rotaia di 23 centimetri nel cosiddetto ‘punto zero’ sopra un giunto in pessime condizioni. Per la Procura quello di Pioltello fu un incidente causato da una lunga serie di “omissioni” nella “manutenzione” e nella “sicurezza”, messe in atto solo per risparmiare. Il problema del giunto era noto ed era stato segnalato già dall'estate 2017, ma si intervenne solo con una zeppa di legno ‘tampone’ sotto il giunto ammalorato. La requisitoria, davanti ai giudici della quinta penale (presidente del collegio Elisabetta Canevini), è iniziata con la ricostruzione dell'incidente, con quel treno che viaggiava a 140 km/h, una velocità regolare, e le cui “fasi di deragliamento vennero parzialmente riprese da una telecamera di sorveglianza”. Si divise “in tre parti”, con la carrozza numero tre che si staccò, sbatté sui pali e si ribaltò.

“In questo disastro - ha spiegato Lesti - muoiono tre persone, Ida Maddalena Milanesi, Pierangela Tadini e Alessandra Giuseppina Pirri e oltre 200 persone riportano ferite più o meno gravi, sia conseguenze fisiche immediate sia psicologiche”. Il pm ha parlato di una «indagine complessa sia dal punto di vista tecnico che da quello giuridico”, coordinata dal pool guidato dall'aggiunto Tiziana Siciliano. Già la maxi-relazione dei consulenti dei pm aveva stabilito che il disastro si verificò a causa dello “spezzone di rotaia” che si fratturò nel ‘punto zero’, all'altezza del giunto ammalorato, per “un danneggiamento ciclico irreversibile generato da condizioni di insufficiente manutenzione”. Come risulta dagli atti, i dirigenti di Rfi, per l'accusa, non avrebbero messo “a disposizione dei lavoratori di Trenord srl e di tutti i viaggiatori dei treni” di quella linea “attrezzature idonee ai fini della sicurezza”, senza garantire così “«che l'infrastruttura fosse mantenuta in buono stato di efficienza per la sicura circolazione”. In un'annotazione su un controllo “del 26 settembre 2017” nella “lista dei difetti segnalati c'era anche quel giunto”, sotto il quale venne messa la zeppa.

In passato per il disastro ha già patteggiato 4 anni Ernesto Salvatore, allora responsabile del Nucleo Manutentivo Lavori di Treviglio di Rfi. L'ex ad Gentile nell'esame in aula si era difeso così: “L'amministratore delegato ha dei compiti che sono suoi ben precisi, ma non entra dal punto di vista organizzativo nella gestione del rischio, perché la gestione condivisa di queste materie potrebbe portare ad una ambiguità sulle scelte".