Tra processi e depistaggi la verità è incompleta

Ma per i giudici i neonazisti Franco Freda, Giovanni Ventura e Carlo Digilio sono tra i “responsabili“ della strage

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Tre neofascisti tra i responsabili della strage e 17 vittime per l’ordigno esploso dentro la banca. Più la 18esima, il ferroviere anarchico Pino Pinelli un innocente precipitato da una finestra della questura dopo che a forza di spingerlo durante l’interrogatorio era finito seduto sul davanzale, come racconta solo ora a 99 anni il vicecapo del Sid (il servizio segreto di allora) Gian Adelio Maletti. In questa storia infinita c’è anche il “mostro“ pure lui anarchico, prima arrestato e poi assolto. E quindi tre ondate di inchieste e di processi nel corso di 35 anni per arrivare nel 2005 a una verità solo parziale ma definitiva: la bomba in piazza Fontana, il 12 dicembre del 1969, la mise Ordine nuovo, gruppo di estrema destra del Veneto.

Sono 51 gli anni trascorsi da quel pomeriggio di morte. Un altro ordigno, non esploso, verrà ritrovato in un corridoio della Banca Commerciale in piazza della Scala. E quasi nello stesso momento altre tre bombe scoppiarono a Roma, fortunatamente senza causare vittime. Era l’avvio della strategia della tensione messa in atto da formazioni neofasciste per influenzare l’opinione pubblica e trascinare il Paese in una spirale autoritaria.

Dopo appena 72 ore dalla tragedia, venne arrestato il “colpevole” però tra le file degli anarchici, quel Pietro Valpreda che dopo più di tre anni di carcere preventivo sarà scagionato.Ci vorranno tre serie di processi, tra Catanzaro, Bari, Roma e finalmente Milano, a partire dalla fine degli anni ’70 e fino all’inizio del nuovo millennio, per identificare tra i veri “responsabili” dell’attentato i due militanti della cellula padovana di Ordine nuovo Franco Freda e Giovanni Ventura oltre al “pentito” nero Carlo Digilio, l’esperto di esplosivi che ammise di aver visionato la bomba in partenza per Milano.

E la verità giudiziaria, per quanto incompleta, si estende allo stesso generale Maletti del Sid e al suo braccio destro capitano Antonio Labruna, condannati per depistaggio avendo fatto espatriare due indagati per la strage. Uno era Guido Giannettini, giornalista di destra tra la cellula neonazista di Freda e Ventura e proprio il Sid di cui era una spia a libro paga.

Strage in qualche modo di “stato“, dunque, anche se dopo le prime condanne a Catanzaro le assoluzioni fioccarono. Freda e Ventura, però, sono stati riconosciuti “responsabili“ trent’anni dopo dalla stessa Cassazione, anche se non più processabili. E Carlo Maria Maggi, il medico responsabile di Ordine nuovo per il Triveneto, assolto per piazza Fontana è stato invece condannato all’ergastolo per la strage di Brescia del maggio 1974. Certo erano molti di più quelli entrati in azione tra Milano e Roma, il 12 dicembre di 51 anni fa. Tra assolti e defunti, la caccia ai colpevoli è ormai chiusa. Ma nessuno parli più di “mistero“ italiano.

Mario Consani

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