
di Marianna Vazzana
Tenere una racchetta in mano per giocare a tennis in tempo di pandemia è impossibile, a meno che non lo si faccia all’aperto, in un campo gelato ed esposti alle intemperie, o si pratichi sport a livello agonistico, unica condizione che consente di stare al coperto secondo le regole anti Covid. La conseguenza è che i circoli del tennis sono in sofferenza. "E senza che ci sia la ragione di attuare delle regole così stringenti", sottolinea Elena Buffa di Perrero, presidente del Tennis club milanese Alberto Bonacossa di via Arimondi 15, tra la zona di via Mac Mahon e il Portello. Diversi club e società sportive del nord Italia si sono uniti e hanno promosso un ricorso al Tar del Lazio con l’obiettivo di "ottenere una sospensiva del Dpcm attualmente in vigore", per dare una boccata d’ossigeno alla categoria. L’udienza sarà il 27 gennaio. "Vogliamo che ci possa essere una rinascita", spiega Buffa di Perrero.
Che cosa prevede il Dpcm? "Consente ai circoli e alle società sportive lo svolgimento dell’attività all’aperto ma limita ai soli giocatori agonisti quella al coperto, all’interno dei palloni pressostatici e delle strutture fisse, equiparati a veri e propri locali chiusi. Noi contestiamo questa equiparazione".
Per quale motivo?
"C’è una profonda diversità strutturale che intercorre tra un generico luogo chiuso, accessibile da molte persone nello stesso momento, e le strutture pressostatiche. Le metrature cambiano in maniera rilevante, il circolo dell’aria cambia profondamente, il numero di persone presenti in contemporanea pure. Tutto è diverso tranne, al momento, l’impianto normativo che ne regola la disponibilità di utilizzo. La scienza, tramite studi specifici, ha già evidenziato come il tennis sia uno sport sicuro anche se praticato al chiuso. Lo è per sua natura e caratteristiche, con i giocatori distanti decine di metri l’uno dall’altro, e lo è persino di più grazie alle misure cautelative e ai protocolli che abbiamo attuato scrupolosamente nel corso dei mesi. Noi vogliamo far ripartire l’intero movimento, non sono quello prettamente agonistico, con il placet delle autorità competenti affidandoci alla legge e alla scienza. Quello che ci interessa affermare è l’accertamento tecnico-scientifico e giuridico dell’assoluta sicurezza della pratica del tennis, anche sotto un pallone pressostatico. E’ come giocare all’aperto".
Quali sono le conseguenze delle norme in vigore?
"Consentire di giocare al coperto ai soli agonisti esclude tutti gli altri, che sono la maggioranza, perché i campi all’aperto sono ghiacciati. Il danno economico per club e scuole è notevole, perché i campi non vengono prenotati e le scuole sono ferme. Un problema che si ripercuote a cascata sui maestri, che hanno un contratto di collaborazione sportiva, e che ora non lavorano. Solo noi abbiamo 1.100 soci, a cui si aggiungono 550 ragazzini della scuola tennis, gran parte dei quali non agonisti. Nei circoli poi ci sono i dipendenti diretti, chi si occupa della segreteria e della manutenzione dei campi. Centinaia di persone in questo momento hanno il posto di lavoro a rischio. Puntiamo sulla sospensiva, che potrà portare benefici per tutta la categoria a livello nazionale".