ANNAMARIA LAZZARI
Cronaca

Milano, tassiste solo di notte: quando a guidare sono le donne

Viaggio con Barbara che ha perso l’impiego e ha ricominciato con un lavoro “maschile” in un turno rischioso

Barbara Iannizzi al lavoro (NewPress)

Milano, 19 novembre 2018 - Barbara Iannizzi, milanese doc che oggi festeggia 48 anni, è una delle poche donne che guida il taxi solo durante il turno notturno (dalle 18.30 alle 4.30). Sotto la Madonnina le colleghe di notte sono meno di cinquanta. Sabato sera le facciamo compagnia per un lunghissimo tragitto sulla sua Toyota Prius Plus, tra le stazioni ferroviarie, i quartieri frizzanti della movida e nella prima cintura dell’hinterland. Barbara racconta di essere conducente di Taxi Blu da quattro anni. Per 15 anni ha lavorato come impiegata amministrativa in un’agenzia pubblicitaria, nel 2014 è stata messa «gentilmente» alla porta. L’auto bianca è stato il suo paracadute sociale ma non è stato facile diventare una professionista al volante. Non solo per l’esborso per la licenza: 175mila euro. Per prendere il certificato di abilitazione professionale ha dovuto imparare a memoria la toponomastica di Milano: «All’esame orale ti chiedono il tragitto da un indirizzo all’altro e tu devi elencare le vie. Non troppo velocemente per non sembrare un pappagallo né troppo piano per non dare l’impressione di non aver studiato», dice.

Ha scelto quasi subito di lavorare dopo il tramonto per evitare il traffico congestionato dalle auto, dai cantieri della M4 e dai troppi semafori. «Milano è bella sempre ma le strade di notte hanno un fascino in più. Purché il cervello sia in posizione “on”». L’attenzione deve essere alta mentre si guida: «In strada il pericolo maggiore sono le bici dei rider. Sono spesso senza luci, procedono contromano e non rispettano il codice della strada». Come il rider che in viale Tunisia ci ha tagliato la strada. Per «cervello acceso» Barbara intende anche che bisogna stare all’erta di fronte alla «fauna» che si può incontrare al posteggio. Lei si è presa le sue precauzioni. Nell’abitacolo c’è una telecamera accesa, in tasca ha lo spray al peperoncino e c’è l’allarme che può lanciare alla sala radio. Poi ci sono i suoi «angeli custodi»: il marito, anche lui tassista notturno, la chiama più volte per sincerarsi che sia tutto a posto e le colleghe/amiche sono sempre collegate su WhatsApp. Prima di far accomodare un passeggero uomo, gli rivolge qualche domanda: «Come ti chiami? Dove vai? Se è così ubriaco o strafatto da non riuscire a parlare me ne vado, dopo aver avvisato la sala radio». Anche coi tipi dall’apparenza sospetta non è tenera: «Venerdì notte mi è arrivata una chiamata per andare a prendere una donna a Monza. Quando sono arrivata lì, ho scoperto che ad aspettarmi era un maghrebino con un pitbull che doveva andare al cimitero. Gli ho detto di chiamare un altro taxi». Evita l’uscita delle discoteche e quartieri come Corvetto, Quarto Oggiaro, via Padova: «Conduco un cliente a destinazione, ma non carico mai nessuno in quelle zone». Eccesso di prudenza? Sarà, ma non ha mai subito aggressioni o molestie.

La maggior parte dei clienti è, per fortuna, gente «normale»: «Anziani che vanno a teatro. Turisti (soprattutto inglesi, francesi e tedeschi) che lasciano anche la mancia. Tra i ragazzi qualcuno ogni tanto mi regala una rosa». Capitolo colleghi. «Il maschilismo regna sovrano solo tra la vecchia guardia. Per loro una donna non sa guidare a prescindere». E clienti perplessi a vedere una donna alla guida? «È successo solo con alcune donne. Convinte che non sapessi fare bene il mestiere perché femmina». Esperienze che non hanno scalfito la sua convinzione, anche come volontaria di Taxi Service, di lanciare proposte per l’altra metà del cielo: «Mi batterò perché venga attivata una linea telefonica rosa per dare precedenza alle donne nelle corse notturne».