
Sushi
Milano, 6 giugno 2017 - E' il mondo capovolto, sfrontato, irriverente. Oppure è semplicemente il mondo d’oggi: le certezze che non sono più tali, gli azzardi che diventano norma, l’esotico che sostituisce il nostrano. Della serie: se la cucina regionale conserva il nostro senso di appartenenza, quella globale stimola curiosità: mette nel piatto i continenti visti o da vedere, i sapori che forse non evocano l’infanzia ma certamente soddisfano il bisogno di viaggiare e beffare la geografia e i propri limiti, fisici o mentali. Il risultato è nelle cose. E lo conferma anche uno studio recente della Bocconi commissionato da Fiera Milano S.P.A, che conferma la crescente passione degli italiani per la «ristorazione fuori casa» e definisce emblematico il «caso Milano», città dove il sushi oggi piace più del risotto mantecato, i dim sum di Hong Kong risultano più intriganti dei mondeghili (polpette) e un buon piatto di Chicken Tikka Masala vale una corroborante porzione di bollito con mostarda cremonese o una costoletta con impanatura perfetta.
Numeri che fotografano un settore in forte espansione (grande crescita anche dello street food) ma tratteggiano anche le nuove dinamiche di offerta e domanda, elaborate analizzando le maggiori guide di settore (Michelin, Gambero Rosso, Espresso): all’ombra della Madonnina dominano i locali che propongono una cucina «contemporanea» (il 24% del totale), dove le ricette pescano nel grande patrimonio della tradizione italiana ma anche in quella internazionale, con accenti innovativi, abbinamenti inediti ed elementi estetici ispirati alla nuova generazione di star-chef e stellati. E si ferma invece ad un misero 10% la quota di trattorie e osterie dove è ancora la cultura meneghina della buona tavola a primeggiare, quota analoga a quella in cui si riconoscono le locande di dichiarata ispirazione regionale.
Ma è il boom della cosiddetta «cucina etnica» a spiazzare maggiormente gli analisti, con una crescita esponenziale dei ristoranti di tendenza, specie asiatici, con un 18% che dà la misura di una Milano nei fatti e nei gusti sempre meno «espressione del loro territorio» e sempre più «International», in linea con altre metropoli europee come Londra, Parigi, Berlino ma anche Barcellona, Vienna o Monaco, che già vivono da tempo questa condizione. Mentre sembrano stentare ad imporsi i locali fusion (0,9%) e quelli vegetariani/vegani (1,9%), seppure in trend positivo da anni. L’idea che emerge è chiara: a tavola contano sempre più le «esperienze uniche», la convivialità e la condivisione. Come dire: l’emotività contamina l’appetito e lo condiziona. Metaforico il commento di Jiro Ono, chef giapponese di Tokyo anni fa premiato dalla Michelin con 3 stelle: «Il sushi non è solo del pesce crudo sul riso: è una forma d’arte». A Milano bisognerà farsene una ragione.