Sulla maternità pari condizioni tra uomo e donna

Riccarda

Zezza*

Nel pensare, giustamente, a una misura che riconosca il tempo impiegato nella cura da parte delle madri, dobbiamo fare in modo che tale misura sia inclusiva fin da subito di tutte le esperienze di cura, diventando così un incentivo a una maggiore condivisione di queste attività tra uomini e donne, invece che un’ulteriore barriera alla stessa perché riservata alle sole donne.

È questo il mio pensiero in merito alla richiesta da parte del segretario generale nazionale della Cisl Luigi Sbarra di inserire nella riforma delle pensioni la cosiddetta Quota mamma, ovvero il riconoscimento di 12 mesi per figlio per anticipare l’età della pensione.

Dobbiamo smetterla di dedicare le nostre risorse solo a riparare e iniziare a usarle anche per costruire un nuovo paradigma.

Penso che in questo momento è importante ragionare su misure che creino una parità di condizioni tra donne e uomini ma è altrettanto importante progettare tali misure in modo tale da evitare che, nel lungo termine, diventino dei vincoli stringenti.

Pensiamo al congedo di maternità: averlo costruito nel 1971 sulle e per le donne sta rendendo molto difficile in tempi più moderni ristrutturarlo per fare spazio a un principio di cura maggiormente condivisa tra entrambi i genitori e più in linea con i modelli più avanzati.

Il modello di un congedo che sia anche di paternità si fa in questo modo strada molto più lentamente della realtà che invece lo richiede da tempo con urgenza: non solo per un tema di parità nella suddivisione dei carichi di cura, ma anche per un obiettivo di piena parità di diritti nell’esercizio genitoriale.

*Ceo e fondatrice di Lifeed

e autrice del libro

‘Maternity as a Master’

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