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Violenza sessuale, il pm: "Stuprò nel 2006, ora condannatelo a 15 anni"

La richiesta del pm al processo contro l’uomo incastrato dal dna per una violenza rimasta senza copevole

Ora rischia 15 anni e 4 mesi di carcere per violenza sessuale. Li ha chiesti il pm Alessia Menegazzo nel processo con rito abbreviato al 49enne arrestato il 16 gennaio con l’accusa di avere stuprato una donna nell’agosto 2006 in città e individuato, a distanza di 14 anni, grazie all’esame del dna. Il difensore dell’uomo, Rosemary Patrizi Dos Anjos, ha chiesto invece l’assoluzione del suo assistito. La sentenza della gup Sara Cipolla arriverà giovedì prossimo, 1 luglio.

A febbraio il tribunale del Riesame aveva rigettato l’istanza di revoca della misura cautelare in carcere nei confronti dell’algerino che durante l’interrogatorio di garanzia aveva respinto le accuse. Ad incastrarlo, però, non ci sono, per l’accusa, solo i risultati del test genetico, ma anche il fatto che la vittima lo abbia riconosciuto anche a distanza di oltre 14 anni dalla violenza subita.

La svolta sul cold case arrivò dopo che, il 30 novembre scorso, venne accertata la corrispondenza del profilo genetico trovato su alcuni mozziconi di sigaretta repertati all’epoca della violenza e il tampone salivare eseguito all’indagato quando, nel 2017, era finito a San Vittore a causa di altri reati.

La vicenda risale al 20 agosto del 2006. Attorno alle sei di mattina una donna di 41 anni si era presentata in lacrime e sotto choc alla clinica Mangiagalli per chiedere aiuto. Aveva raccontato di essere stata aggredita mentre andava alla fermata del bus, diretta al lavoro. L’uomo l’aveva avvicinata con una scusa, poi afferrata e trascinata in una zona deserta. Sotto la minaccia di una pietra, era stata costretta a spogliarsi e quindi violentata. Prima di fuggire, lo stupratore le aveva portato via soldi, cellulare e una catenina d’oro.

Le indagini dei carabinieri, supportati dal Ris di Parma, avevano permesso di recuperare un profilo di dna maschile, lo stesso emerso dalle tracce biologiche sul tampone vaginale della vittima. In seguito, però, non fu mai trovata nessuna corrispondenza valida. Infine l’inchiesta venne archiviata.

Fino a novembre dello scorso anno, quando dopo la svolta del dna, scattò i la notifica in carcere dell’ordinanza di custodia cautelare all’uomo, un senza fissa dimora irregolare in Italia e con precedenti per reati contro il patrimonio e la persona.