C’è l’opera realizzata da Agata, ex detenuta del carcere di Bollate. E poi ci sono quelle di Anna, Ana Paula, Barbara, Cinzia, Flora, Loretta, Maria, Moldavia, Nadia, Roberta e Santina. Dodici donne, dalla dirigente d’azienda alla cameriera, dalla maestra elementare alla badante polacca, dalla pensionala alla stiratrice. Dodici grandi opere realizzate all’uncinetto da donne con storie differenti, talvolta segnate dalla fatica del lavoro, della detenzione, della guerra e della malattia.
È la mostra “Storie di donne“ ideata dall’artista Nadia Nespoli nell’ambito del progetto “Artepassante“ che sarà inaugurata domani alle 18 (e resterà aperta fino al 23 marzo) nell’Atelier della fotografia, alla stazione del passante ferroviario di Porta Venezia a Milano.
La mostra, che significativamente si colloca a pochi giorni dalla ricorrenza dell’8 marzo, propone grandi teli monocromi intrecciati all’uncinetto, è uno dei tanti progetti di Nadia per riflettere sul tempo e su sé stessi.
"Il progetto è partito nel 2018, ero da sola, poi ho pensato di coinvolgere altre donne, di età, grado d’istruzione ed esperienze di vita diverse. Ho affidato loro matassine di filo di cotone e chiesto a ciascuna di realizzare una tela – racconta l’artista milanese –. La proposta non aveva un limite di tempo, l’unico mandato era che il lavoro fosse fatto interamente a mano con il punto alto, che non venisse mai disfatto nel corso della sua realizzazione e che i gomitoli fossero annodati sul dritto in modo che i nodi si vedessero. Dimensioni e forma erano a piacere. Ogni donna ha fatto la sua opera da sola e periodicamente ci incontravamo per momenti di condivisione. Il senso dei nodi sul dritto è che anche se nella vita sbagliamo, facciamo errori o incontriamo difficoltà non dobbiamo scoraggiarci, cancellare ciò che è successo o nasconderci, ma andare avanti".
Nadia da 12 anni è anche volontaria all’interno del carcere, nell’ambito del progetto LabArtemisia dell’Accademia di belle arti di Brera, con un corso di pittura e tecniche artistiche nel settimo reparto. Qui ha incontrato tante persone che hanno sbagliato, che sono cadute, ma che poi hanno ricominciato e che anche attraverso l’arte provano a crearsi una ‘via d’uscita’.