Storditori elettrici alla polizia locale La Corte Costituzionale dice no

Per i giudici la legge lombarda è incostituzionale: la competenza sulle armi da offesa è solo dello Stato

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La Corte Costituzionale ha bocciato la legge con la quale la Regione Lombardia ha inserito tra le dotazioni della polizia locale anche "i dissuasori di stordimento a contatto", termine con il quale non si indica l’ormai noto taser ma un’arma ad esso affine, anzi di calibro superiore, come viene precisato dai giudici nel testo della sentenza: le stungun, vale a dire "dispositivi che funzionano mediante il rilascio di una scarica elettrica di stordimento nel momento in cui vengono a toccare fisicamente il corpo dell’offeso". I taser, invece, lanciano dardi che a loro volta rilasciano una scarica elettrica. Una distinzione, questa, utile ad evitare equivoci e che costituisce parte della sentenza, come si andrà illustrando. Nello specifico i giudici si sono pronunciati per l’incostituzionalità degli articoli 5, 13, 17 e 25 della legge di revisione normativa ordinamentale definitivamente approvata in Consiglio regionale il 25 maggio 2021.

A ricorrere contro il provvedimento è stato il Governo, che ha ravvisato un’invasione delle competenze statali da parte della Regione. Una contestazione che la Corte Costituzionale ha accolto. Stessa sorte hanno avuto anche altri ricorsi presentati dalla presidenza del Consiglio dei ministri sul tema della caccia. Con ordine, allora. Quanto alle dotazioni dei vigili, la giudice Maria Rosanna Sangiorgio sottolinea come la disciplina sulla detenzione di armi da offesa sia materia esclusiva dello Stato in base all’articolo 117 della Costituzione, da qui l’incostituzionalità dell’articolo 5 della legge lombarda che ne dispone l’utilizzo per le polizie locali dei Comuni. Che lo storditore a contatto sia un’arma da offesa lo ha stabilito la Corte di Cassazione omologandolo "come arma comune" in quanto "strumento naturalmente destinato ad offendere l’eventuale aggressore". Un decreto legislativo del 2018 "ha previsto la possibilità di una sperimentazione, da avviare presso la polizia locale, avente ad oggetto le armi comuni ad impulso elettrico" – si fa presente nella sentenza depositata martedì – ma solo dopo che sia conclusa "una procedura che vede coinvolta la Conferenza unificata (ossia la Conferenza Stato-città ed autonomie locali e la Conferenza Stato-Regioni) e l’adozione di un apposito decreto ministeriale. Al di fuori di tale procedura, per converso, gli operatori della polizia locale – rimarca la giudice – non avrebbero la possibilità di utilizzare i dispositivi in questione".

Non è finita, però. La Corte accoglie anche la contestazione con la quale il Governo richiama la legge 110 del 1975, relativa alle "Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi", una legge che "proibisce il porto degli strumenti di dissuasione mediante stordimento". "Con questa norma – ribadisce la Corte – il legislatore statale avrebbe esercitato la propria competenza legislativa esclusiva nella materia de qua, entro un perimetro non valicabile dal legislatore regionale". Il terzo punto è quello relativo all’inquadramento dei "dissuasori di stordimento a contatto". Poco importa che questi "non siano qualificabili come arma ad impulso elettrico (giacché inidonei al lancio di dardi o freccette)". La Corte rileva, infatti, come si tratti comunque di dispositivi "non annoverabili nella categoria degli strumenti di tutela, ma piuttosto in quella delle armi proprie, loro destinazione primaria essendo quella dell’offesa alla persona (ancorché a scopo difensivo)". "Il legislatore nazionale – si legge in un altro passaggio della sentenza – ha fatto chiaramente intendere di considerare in modo unitario i dispositivi in questione, valorizzandone l’doneità ad arrecare offesa alle persone, senza distinguerli in ragione della modalità di funzionamento". Non bastasse ancora, la giudice San Giorgio richiama la legge 65 del 7 marzo 1986, vale a dire la legge-quadro sull’ordinamento della polizia municipale, che stabilisce "una summa divisio (divisione ndr) tra armamento vero e proprio ed altri mezzi e strumenti operativi di cui la polizia locale può essere provvista".

Riccardo De Corato, assessore regionale alla Sicurezza, non ci sta: "Il taser è salvo – dichiara –, e non sarà scalfito dalla sentenza di incostituzionalità della Corte, arrivata contro la legge ordinamentale lombarda del 2021 nella parte in cui affidava alle polizie locali l’utilizzo dello storditore elettrico, il cosiddetto stungun". "In data 11 maggio –prosegue l’assessore – è stato approvato, dalla Conferenza unificata Stato-Regioni, l’accordo tra il Governo, le Regioni e le Autonomie locali sulle “Linee generali adottate in materia di formazione del personale e di tutela della salute“. Tale accordo riguarda l’utilizzo del taser da parte delle polizie locali dei Comuni capoluogo di provincia o con popolazione superiore ai 100 mila abitanti. Sulla base dell’intesa approvata e comunicata dalla Conferenza, da subito i Comuni capoluogo di provincia – quale che sia il numero degli abitanti – e quelli con più di 100.000 abitanti – anche non capoluogo di provincia– devono concordare un’intesa di sperimentazione con l’Ats e adottare un regolamento di sperimentazione".

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