"Simenon e il suo romanzo dell’odio"

La storica editor di Adelphi racconta la riedizione de “Le sorelle Lacroix”. E la lezione del papà di Maigret

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di Gianluca Brambilla

"Ogni famiglia ha uno scheletro nell’armadio", scrive Georges Simenon nell’epigrafe di “Le sorelle Lacroix“. Un romanzo pubblicato per la prima volta nel 1938 e che quest’anno torna sugli scaffali delle librerie con la nuova edizione targata Adelphi. Alla Feltrinelli di piazza Piemonte si è tenuta la presentazione, condotta da Ena Marchi, storica editor di Adelphi ed esperta conoscitrice delle opere di Simenon.

Chi sono le due sorelle Lacroix?

"Si chiamano Poldine e Mathilde e sono figlie di un notaio di Bayeux, in Francia. La prima è una donna forte, dura. È lei che comanda in casa e si occupa di tenere i conti. Mathilde invece è una donna più introversa e apparentemente sottomessa. Le due sorelle si odiano e diffidano l’una dell’altra. Leggendo il romanzo, però, si scopre che c’è una ragione ben precisa dietro a tutto questo".

Qual è il ritratto della borghesia francese che Simenon offre in questo libro?

"In tutti i suoi romanzi Simenon non fa discorsi sociologici, ma descrive i gesti, la grettezza, l’avarizia, l’incapacità di aprirsi agli altri. Tutte cose che danno il la a infiniti drammi e sofferenze. Anche in questo libro la sua descrizione di una famiglia borghese apparentemente perfetta e ben regolata nasconde in realtà una rete di orrori, rancori e meschinità. Il titolo alternativo di questo romanzo poteva essere “L’odio“: è lui il vero protagonista. È come se tutta la storia girasse intorno a sentimenti di vendetta, vecchi rancori e peccati mai perdonati".

Nel corso della sua vita, Simenon ha scritto oltre 400 romanzi. Cosa distingue “Le sorelle Lacroix“ dal resto delle sue opere?

"Questo romanzo ha una particolarità. In genere, Simenon sceglie un “personaggio guida“ attraverso il quale raccontare tutto il romanzo. Qui no: all’inizio si ha la sensazione che l’autore prenda il punto di vista della figlia di una di queste due sorelle. Poi, a un certo punto, cambia idea. Probabilmente Simenon si è accorto che questo personaggio non gli bastava per raccontare tutta la storia. I punti in comune con le altre sue opere, invece, riguardano senz’altro la capacità di creare sospetto, senso di soffocazione e, soprattutto, di riuscire a tenere il lettore sempre sulla corda".

Simenon è conosciuto soprattutto come l’ideatore del commissario Maigret. Qual è la sua eredità?

"Sono moltissimi gli autori che ammettono di essere stati influenzati da Simenon. Andrea Camilleri, per esempio, ha sempre dichiarato di aver imparato a scrivere romanzi gialli lavorando alle sceneggiature dei Maigret in Rai. La più grande capacità che gli viene attribuita è quella di saper scrivere usando soltanto le parole essenziali. Questa è una lezione che molti hanno imparato da lui. Probabilmente anche chi non lo dice o non se ne rende conto".

 

 

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