GIULIO MOLA
Cronaca

Silvio Berlusconi e il calcio, il misterioso provino al Milan e l’avventura da allenatore nei tornei juniores

L’amore per il pallone del presidente più vincente della storia rossonera nacque qundo ancora era un ragazzino

Un giovanissimo Silvio Berlusconi con la maglia del Milan e mentre festeggia la Coppa dei Campioni

Un giovanissimo Silvio Berlusconi con la maglia del Milan e mentre festeggia la Coppa dei Campioni

Milano – Imprenditore di successo prima, politico molto impegnato poi. Ma anche grande uomo di sport. Di Silvio Berlusconi presidente della lunga epopea milanista prima di abbracciare la breve ma felice avventura col Monza poi sappiamo tanto, anche perché sono i club in cui ha vinto tutto ciò che poteva vincere. Ma il Cavaliere era uomo di campo, più spesso di spogliatoio, tant’è che ad appena 27 anni si accomodò sulla panchina dell’EdilNord per tentare l’avventura di allenatore. Non gli andò male, ottenne discreti risultati nei tornei allievi, juniores e terza categoria (anche qualche sconfitta, come dimostra il tabellino della gara contro il Cusano nella stagione 1966-1967: un 3-1 per i padroni di casa fra le polemiche con l’allora 30enne Silvio che fallì il traguardo delle finali nazionali davanti ai dirigenti del Milan).

Un dettaglio mica insignificante visto che il Berlusconi presidente si compiaceva nel ricordare le sue doti da “mister“. Non perdeva occasione per farlo, in pubblico e davanti alla squadra. Nel Milan che vinse tutto con Capello, Sacchi, Ancelotti e Allegri ma pure nel Monza neopromosso quando ogni momento era buono per dare suggerimenti ai vari Brocchi, Stroppa e Palladino.

Ma che Silvio Berlusconi avesse provato anche a fare il calciatore, in pochi ne erano a conoscenza. Almeno fino a un venerdì di fine ottobre del 2014, quando l’ex premier, durante un pranzo a Milanello con la figlia Barbara e una decina di manager (e quindi di potenziali sponsor rossoneri), decise di regalare ai commensali una fotografia un po’ fumè, che ‘incorniciava’ il fresco volto di un adolescente con la maglia milanista addosso. Qualche capello in più, riga laterale per tenerli in ordine e un’espressione un po’ corrucciata: non è dato sapere come sia andato a finire il provino di cui Berlusconi in quell’occasione parlò ai suoi interlocutori, di certo quella maglia, quei colori, erano evidentemente nel suo destino.

Quel che è certo è che a 16 anni il giovane Silvio provò comunque a realizzare il suo sogno di ragazzo appassionato di calcio. Il Milan da sempre aveva preso un posto nel suo cuore, quel Milan (stagione 1952-1953) era rappresentato dal mitico trio Gre-No-Li (Gren, Nordahl e Liedholm). La squadra, guidata da Mario Sperone (in Coppa Latina l’allenatore era Gunnar Gren), si classificò al terzo posto in serie A, alle spalle dell’Inter campione d’Italia e della Juventus. Ma ebbe nell’immenso Nordahl (26 reti) il capocannoniere mentre faceva il salto nel gruppo dei titolari Francesco Zagatti. Il difensore fece carriera coi rossoneri da calciatore, Berlusconi no. Salvo poi riprendersi una bella rivincita dopo circa tre lustri, quando i due si incontrarono da avversari: e Zagatti, che guidava le giovanili del Milan, perse 2-0 contro il Torrescalla EdilNord di cui l’ex Cavaliere era presidente ma pure allenatore. Già da allora per Silvio quel che contava era solo il ‘bel giuoco’. E guai a non assecondarlo. Ne fecero le spese, prima ancora di Zaccheroni e Allegri, anche i suoi amici, se è vero che Berlusconi licenziò nel 1965 il ‘fido’ Marcello Dell’Utri, ritenuto troppo ‘catenacciaro’.

Chi giocava in quella squadra? Snocciolando i nomi ecco il fratello Paolo (bomber affidabile), Fedele Confalonieri (buon gregario), Adriano Galliani (padrone della fascia destra). Per Berlusconi allenatore i mediani e i terzini dovevano costantemente andare all’attacco,sia in casa che in trasferta.

Nel 1967 la sua fu l’unica squadra milanese giovanile a punteggio pieno e si meritò l’invito alla Domenica Sportiva, ma la partecipazione alla popolare trasmissione televisiva saltò all’ultimo momento. La figurina sbiadita e custodita gelosamente nel cassetto per oltre sessant’anni è solo una delle tante (forse la più curiosa) dimostrazione del legame fortissimo fra Berlusconi e il mondo del pallone: con un grande rimpianto, quello di non aver potuto anticipare le orme di Maldini, Kakà e Shevchenko.

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