NICOLA PALMA; MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Sgombero in via Esterle Via gli occupanti abusivi dagli ex bagni pubblici Ora spazio alla moschea

Intervento di polizia e carabinieri: liberato l’immobile, in sei salgono sul tetto per protesta. Presto al via i cantieri per realizzare il primo luogo di culto islamico autorizzato in città.

Sgombero in via Esterle  Via gli occupanti abusivi  dagli ex bagni pubblici  Ora spazio alla moschea

Sgombero in via Esterle Via gli occupanti abusivi dagli ex bagni pubblici Ora spazio alla moschea

di Nicola Palma e Marianna Vazzana

MILANO

Gli ex bagni pubblici di via Esterle sono stati consegnati alla Casa della Cultura musulmana, che in quegli spazi abbandonati ci costruirà la prima moschea autorizzata della città. Poco prima delle 7, le camionette di polizia e carabinieri hanno chiuso via Esterle su entrambi i lati per sgomberare gli occupanti che da sei anni avevano trasformato l’immobile in una dimora abusiva: fino a qualche giorno fa ce n’erano una quarantina, ma ieri mattina ne erano rimasti una quindicina; tre di loro, supportati da tre esponenti dell’area antagonista, sono saliti sul tetto del primo piano, restandoci fino in tarda mattinata, per protestare contro l’intervento delle forze dell’ordine, pianificato e coordinato dal questore Giuseppe Petronzi. Gli abitanti dell’edificio, quasi tutti rider e magazzinieri originari dell’Africa occidentale, sono usciti alla spicciolata: ad attenderli c’erano i militanti di "Ci siamo-Rete solidale", che hanno improvvisato un presidio sul lato di via Padova con megafoni e striscioni sul diritto all’abitare. Lo sgombero era nell’aria da una settimana, anche perché è già trascorso più di un mese e mezzo dal 10 luglio, il giorno in cui i rappresentanti del Comune, proprietario dell’edificio ai civici 15-17, hanno ceduto il diritto trentennale di superficie all’associazione presieduta da Asfa Mahmoud, che nell’ottobre scorso si è aggiudicato il bando per la realizzazione di un luogo di culto islamico negli ex bagni pubblici. Un passaggio tutt’altro che formale, l’ultimo prima dell’inizio dei lavori di ristrutturazione. Un passaggio che ha reso indifferibile la liberazione dell’area. Ci sono state alcune riunioni per cercare soluzioni abitative alternative per gli occupanti, ma le opzioni messe sul tavolo da Palazzo Marino sono state ritenute troppo costose dagli interlocutori. Così, quando è stato chiaro che gli abusivi non sarebbero usciti spontaneamente dal palazzo, è scattata la fase due: quella che ieri mattina ha portato a uno sgombero senza tensioni, con uno strascico in serata con un mini-corteo in zona via Padova.

"La prima a presentarsi all’ingresso all’alba – raccontano i rappresentanti di “Ci Siamo-Rete Solidale“ è stata una ditta di traslochi. Noi ci aspettavamo lo sgombero ma anche delle soluzioni che non sono mai arrivate. Al momento dell’irruzione c’erano quindici persone perché le altre erano al lavoro. Ora nessuno degli occupanti sa dove andare". Già nei giorni scorsi il collettivo aveva sottolineato "l’impossibilità per questi lavoratori precari, sottopagati e con contratti brevi, di affittare una casa a Milano. Alcuni hanno anche pagato dei soldi a delle agenzie immobiliari ma, anche in caso di disponibilità, i proprietari di casa si sono tirati indietro perché non volevano affittare a stranieri".

Tutti gli occupanti hanno portato via i propri averi, soprattutto indumenti e materassi. "Per qualche giorno – spiega Giba, ventisettenne della Guinea, commesso in un negozio – potrò lasciarli in uno spazio di amici. Ma io non so dove andare a dormire. Intanto ho avvisato il datore di lavoro che oggi e domani dovrò assentarmi". Stessa situazione di Awa, della Guinea, mamma di tre figli che vivono in Africa con i nonni. "Lavoro nel punto ristoro di un ospedale. Mio marito è vigilante. Guadagniamo poco più di mille euro ciascuno ma nessuno ci affitta una casa". Pure Salif, rider di 23 anni, del Mali è preoccupato: "Oggi non posso lavorare. E come potrò ricominciare, senza avere neppure un letto?".