LAURA LANA
Cronaca

Sesto San Giovanni, operai-fotografi in mostra in Momenti di vita in fabbrica

Venticinque anni di scatti: "Documentare era importante, per noi era un rischio"

Uno degli scatti esposti a Sesto San Giovanni

Sesto San Giovanni (Milano), 7 giugno 2023 – Le partite a carte e il sonnellino su un letto improvvisato. Le feste condivise con i tornei e le lunghe tavolate tra i reparti. E poi, certo, gli scioperi, i picchetti, le assemblee. I cartelloni che raccontavano il "Contratto ‘90" attraverso le immagini di un lato B, coi pantaloni calati, e lo slogan "Metalmeccanici, si può dare di più".

Per quasi 25 anni alcuni giovani operai hanno fotografato i compagni. Roberto Zecchini, Oliviero Cappelletti, Lino Raffaele, Pietro Zappella e Alberto Ghielmetti formavano il collettivo operaio di fotografia della Breda Termomeccanica e hanno collezionato migliaia di scatti. Nei giorni scorsi una selezione è stata esposta nella sede di Rifondazione di via don Minzoni.

"Ritenevamo che documentare fosse importante. Ovviamente era vietato, per noi era un rischio - confessa Cappelletti -. La possibilità di avere tempo, di organizzare pranzi di Natale non era una gentile concessione della fabbrica. Ce la siamo conquistata". "Buone feste a tutti. E prepariamoci a lottare per costruire un buon 1982", si legge sullo striscione sopra la tavolata che riunisce gli operai. In un’altra foto si sta cucinando allo spiedo, in mezzo al capannone. "Tre sardi iniziarono dalla mattina a preparare quel capretto, che è rimasto il migliore della mia vita". Cappelletti è entrato in Breda a 17 anni. "A cottimo. Significa che avevi magari un minuto a pezzo. Ho resistito 20 anni e poi sono andato altrove", facendo della passione per la fotografia anche un lavoro. Danilo Ferrati in Breda ci è rimasto fino al 2010, "quando ha chiuso dopo la vendita a Camozzi e poi a Mangiarotti con l’epilogo conclusivo. Ho attraversato tutte le fasi: la grande fabbrica da migliaia di operai che arrivano da tutta Italia, dal Veneto alla Sicilia, con i pendolari anche da 200 chilometri al giorno per costruire le macchine delle centrali elettriche". È lui che ha curato la mostra, "divisa in 4 parti: lavoro, pausa, pranzo di Natale, scioperi con le assemblee fino alla Fiat".

«La fabbrica ci riuniva . Si sono formate amicizie forti, si andava anche in ferie insieme - racconta Roberto Zecchini -. Era una vita collettiva. Nelle soste facevo il te col mio pentolino e lo portavo agli altri. Oltre alle foto, facevo anche sculture col ferro che non serviva o veniva scartato. Le ho ancora a casa, sarebbe bello esporle". Faceva il saldatore. "Dopo 18 anni, con la prima cassa integrazione, sono andato a fare il tassista". Ogni foto fa scattare un aneddoto. "Quello è Sandro Artioli, prete operaio e sindacalista. Era fabbro-saldo-carpentiere, uno dei ruoli più pesanti". In un’immagine si vede Pietro Zappella arrampicarsi sulla parete della fabbrica. "Un vero talento. Basti pensare che un giovanissimo Moro gli portava lo zaino in montagna". Simone Moro è l’alpinista che ancora oggi detiene il record di ascensioni in prima invernale sugli ottomila. Un soprannome per ogni compagno. "Quello era Cantù, perché brianzolo di Monza. Lavorava assieme a Ciro Esposito, nato a Napoli, chiamato “moviola” perché lavorava lentamente".