
La polizia nella sede di una delle società nel mirino (Newpress)
Milano, 16 luglio 2014 - I fratelli Cristodaro, Rocco e Domenico, facevano fatture. «Due o tre fatturine, Mimmo, per arrivare a 25, 30mila euro». Fatture false per operazioni inesistenti, precisano gli investigatori che li stavano intercettando. Loro, del resto, erano secondo l’accusa i «contabili di Cosa Nostra», già indagati dalla Dda di Milano per associazione per delinquere di stampo mafioso, nell’autunno scorso. Commercialisti alle strette dipendenze della famiglia Mangano. Ieri le proprietà (124), i conti correnti (81), le automobili (2) e le società (3) dei Cristodaro sono stati sequestrati dagli agenti della Squadra Mobile, dai finanzieri del Comando provinciale di Cremona e dai carabinieri della Procura di Milano, coordinati dal Procuratore aggiunto Ilda Boccassini e del Sostituto Alessandra Dolci. Un patrimonio da 5 milioni, sparpagliato tra Milano, Bergamo, Biella, Cremona. Terreni, appartamenti, box, ma anche boschi, frutteti, magazzini. E una «fazenda» nel cremasco, a Palazzo Pignano. Per dare un tocco perfino esotico oltre che sfacciato a questo «consistente patrimonio accumulato nel corso degli anni grazie ad attività illegali e dissimulato mediante una fitta rete di prestanome», recita l’accusa. Che delinea ruoli e mansioni all’interno del sodalizio targato Mangano già nel corso dell’indagine culminata il 24 settembre 2013 con otto arrestati. Fra loro, anche la figlia e il genero di Vittorio Mangano, lo stalliere di Arcore.
La cricca — tra estorsioni, false fatturazioni e uso di manodopera clandestina — aveva messo in piedi un piccolo impero sotto la regia contabile dei fratelli Cristodaro. Uomini di fiducia che amministravano il chiaro e lo scuro di una complessa macchina per fare soldi. Soldi che potevano essere reinvestiti in attività lecite (bar, ristoranti o imprese edili) oppure venivano destinati per «il sostegno logistico e finanziario di Cosa Nostra e in particolare del Mandamento Pagliarelli». Tra latitanti da foraggiare, carcerati da mantenere, famiglie di galeotti da aiutare. In questo sistema, Domenico e Rocco Cristodaro — di Isola di Capo Rizzuto, 43 e 47 anni — avevano in mano «la gestione delle società da utilizzare per redarre fatture false, per far circolare e reinvestire il denaro, per mantenere i contatti con le banche e procurare i finanziamenti». Così quindi si sarebbero arricchiti i due commercialisti. Con studio in piazza Angilberto a Milano (Domenico) e a Palazzo Pignano (Rocco), proprio a due passi dalla sua vistosa «Fazenda»: oche, daini, pavoni, perfino cammelli. Oltre, ovviamente, ai suoi venti cavalli. Scrive Rocco sul sito della Fazenda: «La mia passione: allevare puledri». Quasi a ricordare l’ormai celeberrimo Vittorio Mangano, «lo stalliere».