
Viaggio nello storico quartiere popolare alla periferia nord della metropoli "I residenti giovani arrivati negli ultimi anni hanno rilanciato la zona. Il senso di comunità resiste tra sacche di degrado e problemi di sicurezza".
A Greco non sembra di essere a Milano. Il quartiere ricorda i paesi di un tempo, con la chiesa al centro della piazza, l’oratorio, il bar e i negozi storici attorno. Il tutto, però, senza essere tagliati fuori dalla città. La zona, nonostante l’assenza della metropolitana, è ben collegata e vive le stesse trasformazioni che hanno segnato molte altre aree.
Negli ultimi anni, il commercio locale ha sofferto, la popolazione è cambiata e il degrado è aumentato, soprattutto per il numero crescente di senzatetto nei magazzini dismessi delle ferrovie. La percezione di insicurezza è salita, anche se la criminalità resta marginale e il quartiere può contare su un tessuto sociale vivo, sostenuto dall’impegno di numerose associazioni locali. "Greco è sempre stata una comunità con un’identità forte: aperta su Milano, ma con il senso di appartenenza di un paese", racconta Andrea Ghezzi, residente da generazioni. "Ci si conosce tutti, ed è questo il vero vantaggio. Negli ultimi anni sono arrivate molte famiglie giovani, portando un ricambio generazionale e nuova vitalità. Allo stesso tempo, però, sono nati nuovi problemi, legati alla vicinanza con la stazione e alla presenza di migranti. Oggi i magazzini dismessi delle ferrovie sono occupati da tanti senza tetto. Non nego che la situazione crei parecchie preoccupazioni, anche di sicurezza. Soprattutto perché hanno creato dei piccoli appartamenti abusivi nei magazzini, con bombole a gas e fuochi improvvisati. Si avverte un clima diverso rispetto al passato, meno sereno".
Non è cambiata, però, solo la percezione di sicurezza. Anche il commercio locale ha subito duri colpi: "È ancora un po’ come se fosse un paese, del resto lo era fino al 1923", spiega Rossella Redaelli, titolare di una cartoleria aperta nel quartiere 70 anni fa. "Certo, prima era molto più popolato di negozi, i classici che si trovavano in ogni quartiere italiano. Ora guardare quei locali vuoti fa male, ma sono cambiati i tempi. Anche i miei figli non porteranno avanti questa attività". Una realtà in evoluzione che, secondo alcuni residenti, ha portato anche opportunità. "La vicinanza di Gae Aulenti, Gioia e dell’università Bicocca ha riqualificato molto il quartiere", sottolinea Laura Lavizzari. "Oggi c’è grande attenzione ai temi di degrado e sicurezza, soprattutto sui social, ma personalmente non mi è mai capitato di vivere situazioni problematiche. È normale volere il meglio per dove si vive, e ogni piccolo problema viene amplificato. Penso però che si tratti di un fenomeno diffuso, non solo di Greco".
A mantenere vivo il senso di comunità contribuiscono le associazioni, come l’Asd Greco San Martino, nata 27 anni fa: "Siamo partiti con 20 ragazzi e oggi coinvolgiamo quasi 230 giovani nel calcio e circa 130 bambine nella pallavolo", racconta Dante Mapelli, il fondatore. Ma non manca qualche critica al Comune: "Il problema principale di Greco è la mancanza di spazi. Siamo costretti ad appoggiarci a strutture esterne. È da tempo che chiediamo di riqualificare il vecchio campo del Pantagon, ma dopo 15 anni è stato realizzato solo un campo a 7 con servizi minimi. Abbiamo proposto un progetto più ampio, con palestra e spazi polifunzionali anche per gli anziani, visto che oltre il 60% della popolazione ha più di 55 anni. Purtroppo, essendo una zona periferica, l’amministrazione sembra poco interessata, nonostante avesse promesso ben altro".
Accanto allo sport, c’è anche chi lavora ogni giorno sul fronte dell’accoglienza. "Nel refettorio della Caritas Ambrosiana accogliamo ogni sera 110 persone bisognose per la cena", spiega Fabrizia Ferrari. "I nostri ospiti non sono i senzatetto delle ferrovie, ma persone già seguite dai progetti Caritas. Siamo qui da dieci anni e cerchiamo di offrire un’accoglienza familiare, in un ambiente curato e accogliente. Credo sia un progetto ben inserito nel quartiere, molti dei nostri volontari sono residenti ed è anche un modo per unire la comunità".