
Il TFR in caso di cessione del quinto: vincoli e garanzie per il lavoratore. La giurisprudenza e le regole da seguire in caso di insolvenza.
Pillitteri
Mi scrivono diversi lettori chiedendomi della sorte del TFR quando si è contratta una cessione del quinto dello stipendio. Va subito detto che il “gruzzoletto” accantonato dal datore di lavoro non può essere oggetto di autonoma cessione. Funge, però, da garanzia ai prestiti con cessione dello stipendio. E viene vincolato a tale funzione tant’è che non possono più essere richiesti anticipi a meno che la somma accantonata sia già superiore alla somma finanziata. Solo in questo caso il lavoratore (nelle ipotesi previste dalla legge) potrà chiedere l’anticipo di una quota dell’eccedenza (non più del 70%). Ma se il rapporto di lavoro si interrompe prima che le rate siano estinte? In questo caso il TFR dovrà essere versato al creditore fino all’integrale concorrenza del residuo. La giurisprudenza ha, infatti, chiarito da tempo che la “liquidazione” maturata dal lavoratore non è, a sua volta, soggetta al limite del quinto. Se, poi, la fine del rapporto è dovuta a licenziamento o al fallimento del datore di lavoro, il creditore potrà anche contare su una garanzia assicurativa visto che la polizza sul “rischio lavoro” è obbligatoria e, ovviamente, viene pagata dal debitore come onere accessorio al prestito. L’assicurazione potrà, poi, rivalersi sul debitore nel caso ritrovi un nuovo impiego.
Quindi con la cessione del quinto non si scappa: il TFR se lo becca la finanziaria. Altro discorso per i prestiti senza cessione. In caso di insoluti la finanziaria potrà sicuramente pignorare il TFR interamente maturato. Ma con dei limiti. Se pignora direttamente presso il datore di lavoro non potrà farlo per più del quinto. Se pignora il conto corrente su cui è stato versato, invece, potrà farlo solo per la somma eccedente il triplo dell’assegno sociale (nel 2024 pari a 534, 41 € e, quindi, oltre i 1.603,23 €). Ultimo caso: il TFR matura mentre è in corso una procedura per sovraindebitamento prevista dalla l. 3/2012. Esso dovrà essere messo a disposizione dei creditori in quanto “utilità sopravvenuta”. Ma, ancora una volta, nel limite del quinto.
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