
«Il Barbiere di Siviglia» al Piermarini (Ansa)
Milano, 9 agosto 2015 - Di stipendi faraonici non ce ne sono più, specie se pensiamo al recente passato o se utilizziamo come metro di paragone i compensi elargiti dai teatri al top nel mondo. Vale a dire i diretti competitor del Piermarini nel panorama internazionale. Nei giorni scorsi, l’ente di via Filodrammatici ha pubblicato sul suo sito internet le buste paga aggiornate dei vertici aziendali, in ossequio alle norme sulla trasparenza nella pubblica amministrazione. Degli emolumenti decurtati al sovrintendente-direttore artistico Alexander Pereira (in carica fino al 16 febbraio 2020) e al direttore generale Maria Di Freda (contratto a tempo indeterminato) si sapeva già: effetto del decreto Franceschini, che ha fissato a 240mila euro lordi il tetto alle remunerazioni dei massimi dirigenti delle fondazioni liriche. Insieme fanno 480mila euro, cioè 27mila euro in meno rispetto alla paga dell’ex numero Stéphane Lissner (507mila euro annui più svariati benefit e surplus legati ai risultati).
Facendo due calcoli, emerge che la cifra bonificata si è abbassata complessivamente del 38%: dai 770mila euro della coppia formata da Lissner e Di Freda (270mila euro prima della scure ministeriale) ai 480mila del duo Pereira-Di Freda. Numeri in linea con quelli messi insieme dai manager delle altre eccellenze artistiche del Belpaese: al pari di Pereira in Italia c’è solo Michele Dall’Ongaro dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma, seguito da Francesco Girondini dell’Arena di Verona (200mila euro), Walter Vergnano del Regio di Torino (187.537 euro) e Carlo Fuortes dell’Opera di Roma (177mila euro). Non solo Pereira e Di Freda, però.
Nella sezione «Amministrazione trasparente» è possibile consultare pure i compensi delle altre figure di spicco della Scala. Partiamo dai dirigenti: in cima alla classifica ecco il direttore Marketing e fund raising Cristina Paciello con 182.900,12 euro; sul podio ideale troviamo poi il direttore dell’allestimento scenico Franco Malgrande (170.662,96 euro) e il direttore del personale Marco Aldo Amoruso (164.868,71 euro). Passiamo alla parte artistica: in mancanza dei dati sul direttore principale Riccardo Chailly (entrato in carica il 1° gennaio 2015), è il direttore del Coro Bruno Casoni a primeggiare (138.300 euro più 10mila come direttore del Coro Voci Bianche); da segnalare pure i 130mila euro per il direttore del Corpo di ballo Makharbek Vaziev e i 100mila per Anton Gradsack, collaboratore di Pereira alla pianificazione artistica delle compagnie di canto.
Per quanto riguarda, invece, le spese legali sostenute nel 2014, spuntano in lista i 131.407 euro per lo studio Ripa di Meana e i 43mila per lo studio Ichino (che si occupa dei contenziosi con i lavoratori). Ultima nota: se la Scala sbaraglia la concorrenza su conti virtuosi e volume della produzione artistica, non si può dire lo stesso sul fronte della trasparenza. Pochi e disordinati i dati disponibili all’indirizzo web ufficiale (www.teatroallascala.org), nonostante sia stato appena rimesso a nuovo; sui siti delle altre fondazioni, in particolare Santa Cecilia e San Carlo di Napoli, le informazioni sono decisamente più esaustive e facili da consultare. Del resto, c’è sempre qualcosa da migliorare. Anche nel tempio della lirica.