
I test
Milano, 3 ottobre 2018 - È vero: Sant’Ambrogio aveva «un occhio più basso dell’altro» come tramanda la tradizione e come viene ritratto nel mosaico della cappella di San Vittore in Cielo d’oro. Colpa di un trauma, in età giovanile, forse dello stesso «incidente» che gli comportò quella brutta frattura alla clavicola destra che tanto lo faceva tribolare: sentiva dolore, come scrive nelle lettere alla sorella Marcellina, non riusciva ad alzare bene il braccio. Le sue ossa, rinvenute nel gennaio del 1864 accanto a quelle dei martiri Gervaso e Protaso, sono state messe ai raggi x. Non per curiosità. L’abate della basilica di Sant’Ambrogio e la Diocesi erano preoccupati per lo stato di conservazione dei corpi dei tre santi, e hanno così affidato lo studio all’Università degli Studi di Milano e all’Istituto Ortopedico Galeazzi, con l’alta sorveglianza della Soprintendenza Archeologia e beni culturali.
«Questa ricognizione sulle ossa ci ha permesso non solo di trovarle intatte e anche in buona condizione, ma praticamente siamo in grado adesso di restituire alla città uno dei suoi tesori, un patrimonio della fede ma anche della civitas di Milano», sottolinea monsignor Carlo Faccendini. E se il 30 ottobre i tre santi maggiori della Chiesa Ambrosiana torneranno nella propria dimora, accompagnati e benedetti dall’arcivescovo Mario Delpini, e il 30 novembre - giorno del battesimo del patrono della città - ci sarà una giornata di studi per mostrare i primi risultati della maxi indagine. Ecco alcune anticipazioni.
«Cisono conferme importanti, come quella del volto di Sant’Ambrogio, corrisponde anche l’età della morte, sui sessant’anni – sottolinea Cristina Cattaneo, professoressa di Medicina Legale della Statale e coordinatrice della campagna di studi multidisciplinare – e ci sono scoperte interessanti, le principali riguardano i due fratelli, forse gemelli». Gervaso e Protaso hanno difetti congeniti alle vertebre e somiglianze che indicano un legame di parentela forte. Di loro finora si conosceva davvero poco. «I corpi vennero ricomposti nell’Ottocento con precisione – spiega l’esperta – sono morti giovanissimi, avevano intorno ai 25 anni, ed erano alti oltre un metro e 80, ben più della media dei loro coetanei. Entrambi presentano segni di violenza». Prigionia, martirio. Uno dei due venne decapitato, l’altro ha fratture da arma bianca alla mano, ha cercato di difendersi. Ma una scoperta potrebbe riscrivere la storia della Milano d’Ambrogio: «Ci sono lesioni da infezioni, potrebbero essere lesioni da tubercolosi, sarebbe il primo caso di tubercolosi per la Milano romana». Gli studiosi della Statale, con la collaborazione della Soprintendenza, hanno potuto confrontare un migliaio di scheletri milanesi del III e IV secolo. Continuano le indagini, mentre si pianifica un test genetico per i due fratelli, in collaborazione con un’università estera specializzata nello studio di Dna antico, e in attesa di un nuovo tassello il professore Carlo Porta sta per ridare un volto - in 3D – a Sant’Ambrogio.