
Il medico di famiglia Alberto Batini ora esercita a Segrate. Il suo paziente è finito a processo
Milano – Alberto Batini ha denunciato il suo aggressore. Il giovane medico di famiglia 28enne è stato minacciato quando era in servizio a Pozzuolo Martesana. Ora, il paziente è a processo, deve rispondere di quel che successe quando il professionista era in sostituzione di una collega nel piccolo centro dell’hinterland.
Ci racconta?
"Il mio assistito voleva un certificato per l’assicurazione, mi chiese, per ottenere subito il risarcimento, che attestassi la sua guarigione, io, invece, non ne ero convinto e volevo approfondire la situazione. Quando ho fatto presente il mio punto di vista, è impazzito. Ero a tre mesi dalla laurea, mi disse: “O firmi, o finisci male“. “Se avvisi i carabinieri sarà ancora peggio“. La sera prima ero già stato ‘invitato’ a scrivere il documento da un suo parente. Ero terrorizzato, mai più provato niente di simile in vita mia, e alla fine ho fatto quel che mi aveva chiesto. Ma sono andato subito in caserma. E ora siamo a giudizio, lui dovrà rispondere del suo comportamento".
Poi, la paura è passata?
"Mai. Ne avevo così tanta da assumere una guardia del corpo. Fingeva di essere un paziente, stava in ambulatorio in fila come gli altri, pronto a intervenire in caso di necessità. E ancora adesso ho un pulsante sotto la scrivania collegato a un istituto di vigilanza privata. Se lo schiaccio, arrivano in pochi minuti".
Lasciò la condotta?
"Sì, adesso esercito a Segrate. Ma me ne sono andato dopo più di un anno per non lasciare scoperte 1.200 persone. Mi hanno aiutato proprio loro, mi sono state vicino. Ma non è facile: ancora adesso quando passo da Pozzuolo mi viene la tachicardia. E in quell’ambulatorio non ho più messo piede. Se non fosse per l’amore verso i malati, che del resto è il motivo per cui uno fa il medico, avrei tolto il camice. È come avere centinaia di famiglie oltre alla tua, tante quanti gli assistiti per i quali il dottore è un punto di riferimento: partecipiamo alla gioia della guarigione e li affianchiamo nei momenti difficili".
Ha strascichi?
"Senza dubbio. Un’aggressione fisica è pericolosa, ma finisce lì. La minaccia invece mette chi la subisce in una situazione di allarme costante. Io temevo per me, per i miei parenti. È uno stato di ansia perenne dal quale è difficile uscire".
Che consiglio darebbe ai colleghi che vivono situazioni simili?
"Conoscevo Giorgio Falcetto, il medico ucciso a colpi di ascia a San Donato, agli altri dico: non abbiate timore, denunciate di più, forse così riusciremo a salvare delle vite".