GIULIA BONEZZI
Cronaca

Aggressioni ai camici: tre medici di base su 4 non denunciano più le violenze subite

Il monitoraggio dell’Agenzia dei controlli sul 2022 e i primi sei mesi del 2023 Rozza (Pd): "Spia di solitudine, occorre includerli nella rete territoriale"

Sanitari nel mirino

Milano – In tutto il 2022 sono stati 1.909; e più che altrettanti, 2.082, nella sola prima metà del 2023 gli episodi di violenza fisica o verbale segnalati da medici di base, pediatri di libera scelta e guardie mediche lombardi. Ma non è questo il dato più macroscopico che emerge, alla voce continuità assistenziale, dalla relazione annuale dell’Acss, l’Agenzia di controllo del sistema sociosanitario lombardo, che è stata presentata la settimana scorsa ai consiglieri regionali della Commissione Sanità del Pirellone.

Un monitoraggio previsto da una legge, approvata all’unanimità dal Consiglio regionale esattamente quattro anni fa per combattere il fenomeno delle violenze contro il personale sanitario, esploso dopo la pandemia. Il dato più macroscopico è il crollo progressivo della partecipazione dei professionisti della sanità territoriale - medici e pediatri di base e guardie mediche - a questo monitoraggio: alla prima survey del 2021, che raccoglieva le segnalazioni di violenze subite nel 2019 e nel 2020, risposero in 1.343; l’anno dopo, al questionario relativo al 2021, in 629 (meno 53,16%); nella terza indagine, condotta tra settembre e ottobre dell’anno scorso, sono stati restituiti 402 questionari relativi al 2022 e 373 sul primo semestre di quell’anno; il crollo delle adesioni, rispetto al 2021, è del 72,23%.

Il quadro disegnato dalle risposte arrivate all’Agenzia dei controlli da Ats, Asst e Irccs (dunque ospedali) pubblici, Areu e altre strutture sanitarie e sociosanitarie mostra un trend simile a quello restituito dai medici di continuità assistenziale: 11.508 episodi di violenza nel 2022 e già 6.961 nei primi sei mesi del 2023, se l’andamento proseguirà si può tornare ai livelli pre-pandemia (14.526 casi segnalati sul 2019).

Con un incremento preoccupante però delle aggressioni più gravi, quelle di tipo "estremo" secondo la definizione standard del Work Safe Victoria australiano, cioè "attacco con uso di arma, attacco con risultante la morte": medici, infermieri, Oss e altri professionisti sanitari delle strutture pubbliche lombarde ne hanno segnalate 27 nel 2022 (il triplo delle 9 riportate per il 2021) e ben 42 nella prima metà del 2023. Oltre alle aggressioni di tipo "severo" ("Attacco con risultanti lesioni severe. Ripetuti calci e pugni"): 293 nell’intero 2022, già 244 in sei mesi nel 2023. L’incremento degli episodi più gravi emerge anche dalle segnalazioni di medici di base, pediatri e guardie, (27 "aggressioni severe" nel 2022 e 19 per i primi sei mesi dell’anno scorso), ma tra gli altri professionisti sanitari che lavorano in strutture le risposte al questionario, rispetto al 2021, sono diminuite solo del 20%.

«È un grande problema che i medici della continuità assistenziale abbandonino il monitoraggio degli episodi di violenza - sottolinea Carmela Rozza, consigliera segretaria della Commissione Sanità, del Pd -. Perché la raccolta dei dati è fondamentale per individuare il problema e le soluzioni, e perché ci rimanda l’immagine di medici soli nel proprio studio, che pensano che raccontare cosa gli sia successo “valga poco”. Non è accettabile che nessun professionista sanitario sia vittima di aggressioni", aggiunge Rozza, spiegando che il Pd ha ripresentato all’assestamento di bilancio un emendamento che aveva già proposto per il piano sociosanitario regionale, che prevede che gli studi dei medici di base diventino quegli "ambulatori sociosanitari territoriali" previsti dall’ultima riforma della sanità lombarda, "per poterli connettere alle Case di comunità e anche per immaginare contromisure rispetto alle violenze, come telecamere negli spazi comuni e il circuito d’allarme collegato alle forze dell’ordine che si sta faticosamente adottando negli ospedali".

C’è un altro “buco nero” , osserva Rozza, nel monitoraggio delle violenze contro chi indossa un camice in Lombardia: "I vertici dell’Acss ci hanno spiegato che non riescono a ottenere i dati dalle strutture private accreditate che lavorano per il servizio sanitario regionale. È molto grave, si tratta di un obbligo di legge".