ANDREA GIANNI
Cronaca

Sandrone Dazieri, scrittore e storico militante del Leonka: “Provo tanta rabbia, colpa anche dell’ignavia del Comune”

Nel 1989 l’autore di numerosi noir fu fermato mentre si opponeva allo sgombero della sede storica del centro sociale: “Milano e il mondo sono cambiati, così come la sinistra. Ma sono convinto che la battaglia non è finita”

Lo storico sgombero del Leoncavallo nella vecchia sede nel 1989

Lo storico sgombero del Leoncavallo nella vecchia sede nel 1989

Milano, 22 agosto 2025 – “Non provo malinconia, ma solo tanta rabbia per questo atto di forza contro un simbolo del pensiero libero che esiste da 50 anni”. Il ricordo di Sandrone Dazieri torna a momenti scolpiti nelle mente come gli incontri con Dario Fo, che portava i suoi spettacoli al Leoncavallo, e alla resistenza sui tetti contro lo sgombero del 1989 dello storico centro sociale, quando fu fermato con altri partecipanti alla rivolta.

Un giovanissimo Matteo Salvini che un giorno ha fatto la sua comparsa, presentandosi come "comunista padano” e ora plaude alla fine di “decenni di illegalità tollerata dalla sinistra”.

Lo scrittore milanese è stato attivista del centro sociale fino al 1994, prima di prendere altre strade che non lo hanno però allontanato da quella scena underground che fa anche da sfondo ad alcuni dei suoi noir.

Il blitz segna la fine di un’era. Che impressione le ha fatto?

"Provo solo tanta rabbia, non solo verso le politiche trumpiane di questo governo ma anche verso l’ignavia del Comune, che finora non è stato in grado di trovare una soluzione. Così Milano è ancora più povera dal punto di vista sociale e culturale. Una città di immobiliaristi e turisti, dove chiudono le librerie e aprono sempre più negozi di mutande, dove si favoriscono i costruttori privati mentre il costo della vita è sempre più alto. Questo non è il modello che vogliamo”.

Nell’89 c’era stata la resistenza sui tetti, mentre ora la reazione è più contenuta. Un segnale di tempi che sono cambiati, anche per il movimento?

“Nel 1989 si sapeva dello sgombero e abbiamo avuto il tempo per organizzarci, mentre ora sono stati colti di sorpresa. Di certo il mondo è cambiato. In quel periodo c’era un movimento ampio e forte, con migliaia di persone e una solidarietà estesa creata attraverso anni di lavoro sul territorio. Una rete che ora è più difficile costruire, ma sono sicuro che la battaglia non è finita”.

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Lo scrittore Sandrone Dazieri

Quale ricordo conserva dello sgombero del 1989?

“Per 62 minuti ci sentimmo protagonisti, uniti per opporci a un’ingiustizia. Siamo scappati lungo i tetti, e io fui fermato con altri. In quegli anni si finiva in galera facilmente. Nel mio caso il giudice non convalidò il fermo. Altri furono condannati, ma nella sentenza il Tribunale riconobbe l’attenuante per avere agito per motivi di particolare valore morale e sociale”.

Che cosa ha rappresentato, per la sua carriera di scrittore, il Leoncavallo?

“È stato un luogo dove si incontravano culture diverse: c’erano il movimento cyberpunk, le battaglie per l’ambiente e la psichiatria, la musica e la cultura. Quell’ambiente è stato anche una fonte di ispirazione, perché probabilmente se avessi frequentato luoghi diversi avrei scritto altro. Ad esempio il protagonista del mio primo romanzo, Attenti al gorilla, è un ex militante. Il Leoncavallo compare anche nel secondo, sempre con il tono della commedia nera underground. Ho giocato anche con i nomi: ad esempio Daniele Farina (storico attivista del Leoncavallo, ndr) è diventato Daniele Zucchero”.

Il centrodestra parla di un ripristino della legalità. Che cosa ne pensa?

“Bisogna intendersi sul concetto di illegalità. Se occupare uno stabile è illegale, è meglio buttarlo giù per realizzare una speculazione edilizia? Vogliamo parlare dei balneari, che occupano le spiagge da anni, o della sede di CasaPound a Roma? Una soluzione poteva essere trovata. La colpa è anche del centrosinistra, che per ignavia ha traccheggiato e non ha saputo difendere questo luogo. Il sindaco Sala dice di non essere stato avvisato? Allora si faccia vedere e venga a protestare davanti al Leoncavallo. Non so se è la fine di un’era, ma è un altro passaggio nella trasformazione di Milano da città accogliente e plurale a una città di m....”.