MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Sanchioni, il barman di San Siro: “Portai Gigi Riva in stazione e ci insultarono”

Alberto Sanchioni, 84 anni, ex ferroviere, ha servito calciatori e giornalisti per mezzo secolo. “Il Meazza mi ha riempito la vita”

Milano, 1 febbraio 2024 – Sono passati quasi 54 anni ma nella sua mente è come se questa scena fosse avvenuta un attimo fa. “Mi rivedo ancora a San Siro. Stavo per salire sulla mia Prinz Nsu grigia quando mi è stato chiesto di accompagnare alla stazione Centrale il mitico Gigi Riva e Ricciotti Greatti dopo la partita Inter-Cagliari che li aveva visti trionfare con tre gol a uno. “Certo“, risposi. E così misi in moto la mia macchina, con i due campioni accomodati sui sedili posteriori”.

Alberto Sanchioni con Zlatan Ibrahimovic
Alberto Sanchioni con Zlatan Ibrahimovic

Alberto Sanchioni, che oggi ha 84 anni ed è pensionato, rossonero fino al midollo, forse non sarebbe stato così disponibile se a perdere, quel 25 ottobre del 1970 (l’anno dello scudetto del Cagliari), fosse stato il “suo“ Milan. O magari sì. Perché a furia di frequentare lo stadio era come se in campo, in fondo, ci entrasse anche lui. E aveva capito che più di tutto contano il rispetto e la lealtà. Lui che, ferroviere, come secondo lavoro faceva il barman alla Tribuna stampa dello stadio (e in seguito si è occupato del catering) e assisteva a sfuriate tra calciatori, avversari e non, "che duravano il tempo di sedersi al banco e ordinare da bere".

Cosa ricorda di quel viaggio tra lo stadio e la stazione Centrale?

“Mi fu chiesto il favore di accompagnare questi campioni: Ricciotti Greatti, che era amico intimo di Tarcisio Fabris (storico allenatore delle squadre di calcio di bambini di Milano, Ambrogino d’oro nel 2011, morto nel 2015, ndr ) e Gigi Riva. Il mitico Riva, scomparso lo scorso 23 gennaio a 79 anni (il più prolifico attaccante della storia della nazionale, il calciatore simbolo del Cagliari, ndr) che quel giorno aveva segnato due gol affossando l’Inter. Io, come sempre, avevo parcheggiato l’auto dentro il Meazza, perché allora era consentito, e mi fu chiesto di accompagnarli fino alla stazione perché avevano urgenza di partire. Io ero al volante, accanto a me c’era la cassiera del bar dello stadio e dietro c’erano loro due. Furono di poche parole. Ricordo che in viale Caprilli qualche interista li riconobbe e urlò delle parolacce. Ma il viaggio verso la stazione è stato molto tranquillo. Una volta in Centrale, io e la cassiera siamo scesi dall’auto per poter far scendere loro (perché non c’erano le due portiere posteriori) e ricordo con quanto affetto mi ringraziarono per quel favore. Prima di essere grandi campioni erano persone umili. Riva era una persona molto seria e silenziosa, metteva anche un po’ di soggezione. Ricordo che allo stadio lo vedevo spesso fumare. Una volta mi avvicinai per dirgli “Fa male fumare troppo“ e lui alzò le spalle”.

Altri ricordi di calciatori?

“Ne ho un’infinità. Basti pensare che ho lavorato a San Siro per 50 campionati e mezzo. Quello che ho imparato è che non bisogna mai fidarsi delle apparenze. Per esempio Pirlo sembrava scontroso ma in realtà era di una timidezza disarmante. E se Gigi Riva era tra i più silenziosi, quasi non ci si accorgeva della sua presenza, i più “scalmanati“ erano Ronaldinho e Cassano. Impossibile non sentire le loro voci. Ho un bellissimo ricordo anche di Maradona. All’inizio, quando ancora non era Maradona, si apriva un po’, raccontava di sè. Poi, continuamente circondato da gente, si chiudeva in se stesso. Ho scattato foto con tutti questi calciatori, che custodisco nella mia casa. Sono affezionato ai miei ricordi. Ogni tanto guardo queste immagini e mi torna in mente ogni singolo momento. Per esempio quello dello scatto con Roberto Baggio: un momento storico, perché era il giorno dell’ultima partita della sua carriera, contro il Brescia”.

Come ha iniziato a lavorare allo Stadio?

“Io sono originario di Pesaro e sono arrivato a Milano quando ero ventenne, insieme a mia moglie. Mi sono trasferito qui dopo aver vinto il concorso in Ferrovia. Da sempre milanista, desideravo vedere il Milan allo stadio. Ricordo che, da Pregnana, presi la Lambretta per raggiungere il Meazza e spesi 800 lire, 600 per il biglietto e 200 per la benzina. Allora erano soldi. Mia moglie non mi parlò per una settimana. Mi venne proposto per caso, di “servire té e bibite“ ai calciatori. E accettai subito. Per me era un sogno. Inizialmente ero negli spogliatoi ma non potevo vedere le partite e questo non mi piaceva. Quando mi spostai al bar di vip e stampa, al primo anello (allora era lì) ero felicissimo”.

Qual è il suo calciatore preferito?

“Marco Van Basten”.

Scongiurato l’abbattimento di San Siro, ora si parla del suo futuro. Come lo vede?

“Se avessero voluto distruggere il Meazza, mi sarei incatenato lì per evitarlo. San Siro mi ha riempito la vita. Che resti “la Scala del calcio“, è nato per quello. Oggi ogni spazio è sfruttato, le squadre potrebbero costruire servizi tutt’attorno”.