MASSIMILIANO MINGOIA
Cronaca

Perché Barbara Berlusconi e Beppe Sala litigano sul restyling di San Siro. E cosa si sono detti

Al centro del dibattito la proposta di ristrutturazione dell’attuale impianto firmata dall’architetto Giulio Fenyves

Barbara Berlusconi e Giuseppe Sala

Barbara Berlusconi e Giuseppe Sala

Milano, 7 febbraio 2024 – “La proposta di ristrutturare San Siro? È un ulteriore modo per non far nulla. Il progetto (firmato dall’architetto Giulio Fenyves dello studio Arco Associati, ndr) mi pare generico e inverosimile. Restyling da 300 milioni di euro? Cifra troppo bassa e non credibile. Dagli studi approfonditi che avevamo fatto, costa meno farne uno nuovo".

Il duello

Barbara Berlusconi – figlia dell’ex premier Silvio Berlusconi, ex dirigente del Milan ai tempi, nel 2014-2015, in cui il club rossonero puntò sul progetto, poi accantonato, di un nuovo stadio al Portello – scende in campo sul futuro del Meazza e boccia senza appello la proposta di ristrutturare la Scala del calcio lanciata dal sindaco Giuseppe Sala a Milan e Inter la scorsa settimana. La risposta del primo cittadino, a margine della cerimonia in piazza Scala per i due anni dalle Olimpiadi 2026, è irritata: "Ma che ne sa Barbara Berlusconi? Lasciamo lavorare chi sa lavorare, che non è detto che sia io. Se adesso ognuno dice la sua, perché ha ricordi del passato... ma dai!".

Berlusconi, ora amministratore delegato della holding H 14, non ci sta e controreplica così al numero uno di Palazzo Marino: "Spiace che il sindaco Sala reagisca a quello che in realtà non io, ma quasi tutti gli addetti ai lavori pensano. Sulla mia competenza segnalo che per tre anni ho lavorato sul tema stadio con le più grandi società mondiali di progettazione, costruzione e ristrutturazione dei più importanti stadi al mondo. Inoltre, l’ultimo e più importante rifacimento di San Siro è stato seguito da me personalmente, con i delegati dell’Inter, per la finale di Champions del 2016".

Fra i due litiganti...

Nel mezzo della polemica Berlusconi-Sala sulla ristrutturazione di San Siro finisce il capogruppo di Forza Italia in Comune Alessandro De Chirico, colui che ha commissionato il progetto a Fenyves, ha portato l’architetto a incontrare Sala per illustrare il piano e ha affiancato il sindaco e l’architetto durante la commissione Sport di mercoledì scorso in cui il progetto è stato illustrato e in cui il sindaco ha rilanciato l’appello alle squadre di restare a San Siro: "Che sia uno studio preliminare Barbara Berlusconi ha ragione – dice De Chirico –. Se poi qualcuno si vuol fare avanti per diventare il committente del progetto, magari per farci giocare il Monza, ben venga. La questione è molto semplice e allo stesso tempo banale: San Siro non può essere demolito. Bisogna essere pragmatici". Il capogruppo del Pd in Regione Pierfrancesco Majorino, intanto, sostiene la posizione del sindaco e critica, pur senza citarla, la presa di posizione di Barbara Berlusconi: "Sorprende che ci sia, tanto nel campo politico quanto in quello economico e finanziario, chi oggi si mette a remare contro".

Abboccamenti con i club

Prima di polemizzare con la figlia del Cavaliere, intanto, Sala anticipava ai cronisti presenti in piazza Scala che "la settimana prossima incontrerò in club, intanto li sto sentendo al telefono. La cosa fondamentale per le squadre è il poter fare i lavori (di ristrutturazione dell’attuale stadio, ndr) senza allontanarsi da San Siro. Perché sono in due e andrebbero in stadi molto più piccoli. Questo è il vero tema. Non voglio essere né ottimista né pessimista finché non si chiarisce questo punto, ma se si dovesse chiarire che si possono fare i lavori senza prevedere il trasloco altrove dei club, a quel punto credo che potrei diventare ottimista".

La domanda, dunque, sorge spontanea: nonostante il Milan punti a realizzare un nuovo stadio a San Donato Milanese e l’Inter a Rozzano, il caso San Siro non è chiuso? "No, non è mai stato chiuso nel male, anche quando nessuno ci sperava e io invece continuavo a sperarci – sottolinea il numero uno di Palazzo Marino –. A questo punto diventa una questione tecnica: io non credo che le squadre abbiano negatività rispetto all’idea di rimanere al Meazza. Fossi in loro, fossi io il presidente di una delle due squadre a fronte del rischio di dover lasciare per tre anni lo stadio direi di no".