
Samardo Samuels, 36 anni, una carriera tra Nba e Eurolega ai massimi livelli
Milano – “Scusate, io sono in ospedale da una parente. I. mi ha appena detto che Samuels ha appena aggredito di nuova mia sorella”. “No dai. Vieni sta?”. “Mi ha chiamato piangendo, dicendomi che era con mia madre e I. dai carabinieri”. “Non ho parole”. “Oddio”. “Io sto tornando in zona, se posso essere utile”.
Cronache dal condominio di via Valtellina tenuto in scacco dal cestita ex Olimpia Samardo Samuels, arrestato sabato sera dai militari del Radiomobile per atti persecutori e violazione dei divieti di avvicinamento e rimesso in libertà dal giudice della direttissima dopo la convalida del provvedimento. Messaggi sulla chat Whatsapp che raccontano in tempo reale cosa accadeva nel cortile interno, monopolizzato dal trentaseienne giamaicano e dal suo cane corso perennemente senza guinzaglio né museruola. Messaggi che descrivono il clima di paura tra gli abitanti, con la speranza che ora le cose possano cambiare.
“Sono appena uscita e ho incontrato Samuels che rientrava barcollante – scrive una residente qualche settimana fa –. Mi ha fermato sulle scale chiedendo se vivevo qua. Ho risposto di sì e lui mi ha urlato in inglese che devo salutare e che è normale e sono una maleducata. Ho detto buongiorno e lui si è spostato e mi ha fatto passare. Questa cosa deve finire: non è accettabile, e mi spavento moltissimo ogni volta che lo incontro”. Prima risposta di un’altra inquilina: “È terribile. Mi dispiace tanto per tutti voi”. Un altro stralcio di conversazione inizia così: “Diventa sempre peggio, purtroppo”, con emoticon che piange. “Il problema è che lui peggiora – la replica di un dirimpettaio – e noi (chi più chi meno) siamo esasperati: prima o poi qualcuno gli dirà una parola sbagliata nel momento sbagliato e succederà il disastro”. Nei racconti, torna spesso il molosso di Samuels, che terrorizza soprattutto i più piccoli.
“Appena sono uscita nel cortile – annota una donna – il suo cane mi è saltato addosso. Ho cominciato a urlare: tienilo, tienilo! E lui se ne fregava, come al suo solito. E io ho chiamato il 112”. “Ma stai bene o ti sei fatta male?”. “Si, sto bene, grazie. Ma tremavo tutta dall’indignazione”. La chat comune serviva anche a segnalarsi a vicenda la “posizione” del cestista in un determinato momento della giornata: “Scusate... io starei rientrando a casa... mi sapete dire se c’è ancora qualcuno? Insomma se si può entrare o meglio di no?”. “Quando dovrebbe rientrare?”, chiede una vicina. “Tra pochissimo – la replica –. Sono dietro l’angolo... era solo per capire se c’era ancora polizia o altro... non si preoccupi. Grazie mille, arrivo!”.