Robinho, condannato per lo stupro di una 23enne: così l'Italia prova a mandarlo in carcere

L’ex calciatore rossonero, ora in Brasile, è stato condannato per violenza sessuale di gruppo: respinta l’estradizione, il ministro Nordio si muove con il governo di Lula

Robson de Souza Santos, detto Robinho, 39 anni,

Robson de Souza Santos, detto Robinho, 39 anni,

Milano - Non arriverà in Italia, ma (forse) sconterà la pena in un carcere del Brasile. Solo se un giudice del Paese sudamericano darà parere favorevole. Il governo italiano ha chiesto, infatti, al governo di Lula che venga eseguita la condanna a 9 anni di reclusione a carico dell’ex calciatore milanista Robinho, condannato per stupro.

Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha firmato la richiesta lo scorso 24 gennaio e l’ha inviata oltre l’Atlantico attraverso i canali diplomatici il 31 dello stesso mese. Le autorità italiane chiedono anche l’esecuzione della sentenza nei confronti di Ricardo Falco, amico dell’ex attaccante del Milan. I due sono stati condannati in Italia per lo stupro di una giovane albanese avvenuto a Milano il 22 gennaio del 2013. La richiesta del ministro di Grazia e Giustizia è "che il caso sia sottoposto alla competente autorità giudiziaria brasiliana affinché autorizzi, ai sensi della legge brasiliana, l’esecuzione della pena di nove anni di reclusione".

Il governo italiano aveva già chiesto al Brasile di estradare Robinho e Falco nel settembre 2022, ma questa domanda fu formalmente respinta lo scorso novembre perché l’articolo 5 della Costituzione brasiliana vieta l’estradizione dei cittadini nazionali.

La battaglia per ottenere giustizia si sposta dunque nelle aule dei tribunali brasiliani. E anche se la possibilità che Robinho possa scontare la pena in cella nel Paese d’origine esiste ed è prevista dalla legge, non è affatto scontato che ciò avvenga effettivamente. Di sicuro, la possibilità di un’estradizione (come alla fine era avvenuto, fra 1.000 traversie, con il terrorista Cesare Battisti) è sfumata. Tuttavia, grazie alla cooperazione giuridica, l’Italia può, almeno sulla carta, ottenere il trasferimento dell’esecuzione della pena in Brasile.

La pena definitiva era scattata per un episodio, risalente al 2013, di violenza sessuale di gruppo su una ragazza di 23 anni che prima era stata resa incosciente. A febbraio la Procura aveva inoltrato al Ministero la richiesta di estradizione e il mandato d’arresto internazionale per l’ex attaccante e per il suo amico Falco.

Secondo la sentenza, l’ex calciatore aveva fatto bere la ragazza fino al punto da renderla incosciente e il gruppo l’avrebbe violentata a turno, senza che lei potesse opporsi. Il tutto all’interno del locale guardaroba di un night milanese, dove la ragazza stava festeggiando il compleanno.

Nelle motivazioni della sentenza, la Corte scrisse che l’ex calciatore e i suoi "complici" manifestarono in quel frangente un "particolare disprezzo nei confronti della vittima che è stata brutalmente umiliata". Parole che non sono risultate sufficienti per fare scattare il meccanismo di una delle eccezioni al divieto previsto dalla Costituzione Federale, secondo la quale nessun brasiliano può essere estradato, salvo persona naturalizzata, in caso di reato comune commesso prima della naturalizzazione, o di comprovato coinvolgimento nel traffico illecito di sostanze stupefacenti.

 

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