ANDREAGIORGIO GIANNI
Cronaca

Riti satanici e violenze, confermata l’assoluzione di Fabio Bertin e della moglie: "Calvario lungo 15 anni"

L’imprenditore discografico e la moglie erano finiti sotto processo a Milano. I legali: vite rovinate da accuse inesistenti, ora desiderano voltare pagina

Da sinistra Fabio Bertin e gli avvocati Luigi De Mossi e Francesco Poggi

Da sinistra Fabio Bertin e gli avvocati Luigi De Mossi e Francesco Poggi

Milano, 18 maggio 2024 –  “È la fine di un calvario durato 15 anni, che ha rovinato la vita familiare e professionale di due persone, con un pesante impatto anche sulla loro salute". L’imprenditore discografico Fabio Bertin e la moglie, ex infermiera, hanno incassato l’ultima assoluzione il 6 marzo, quando la Corte d’Assise d’Appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado emessa dal gup Sofia Fioretta. L’ultimo atto di una lunga e dolorosa vicenda giudiziaria che ha visto la coppia rischiare una condanna, chiesta dal pm di Milano Stefano Ammendola, per riduzione in schiavitù e abusi sessuali, anche nel contesto di riti satanici e messe nere.

Presunti stupri denunciati più volte da una donna che nel 2000, da poco maggiorenne, era stata affidata alla coppia. Aveva riferito di essere stata costretta anche a violenze di gruppo alle quali avrebbero preso parte "uomini non meglio identificati" che indossavano "tuniche e cappucci", tratteggiando uno scenario da film dell’orrore proseguito per 15 anni, fino al 2015. Episodi avvenuti, a suo dire, in Toscana, in Liguria, nel Varesotto e nel Comasco, dove risiede attualmente la coppia. "Accuse di una gravità esorbitante – spiega l’avvocato Francesco Poggi – ma gli abusi, le sette demoniache, per i giudici non esistono. Abbiamo voluto rompere il silenzio per restituire dignità alle persone coinvolte".

Due persone, sottolinea l’avvocato Luigi De Mossi (ex sindaco di Siena) nel corso di una conferenza stampa, "uscite intonse" da una situazione che ha visto "messa a rischio anche la loro libertà personale". Una "sostanziale sintonia di giudizio" da parte dei diversi uffici giudiziari che nel corso degli anni si sono occupati del caso perché la donna aveva sporto denuncia in diverse città. A Siena i coniugi erano stati assolti nel processo di primo grado con al centro l’accusa di sequestro di persona ma condannati dalla Corte d’Appello di Firenze. La Cassazione aveva annullato la sentenza rinviando a un nuovo appello, concluso con la loro assoluzione. Sono finite nel nulla anche le inchieste aperte in altre città, come Genova e Como. Le denunce della donna, però, sono state ritenute attendibili dalla Procura di Milano, che le ha riunite in un’indagine per riduzione in schiavitù.

I coniugi, secondo la ricostruzione del pm, avrebbero esercitato sulla vittima, con problemi psichici, "poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà". Da qui la richiesta di condanne fino a 8 anni di reclusione, ma il processo si è concluso con l’assoluzione con la formula "perché il fatto non sussiste".

Per il giudice "numerosi fatti" riferiti dalla parte civile "sono stati smentiti da altre dichiarazioni o riscontri investigativi, ora orali ora documentali". Agli atti non vi è "alcun documento e alcun teste diretto e oculare dei fatti e delle circostanze" al centro di denunce contenenti diverse "incongruenze e ambiguità". Una lettura accolta anche dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano, che ha confermato l’assoluzione.