SIMONA BALLATORE
Cronaca

Riservista, ma in ospedale: la Statale invalida gli esami della studentessa israeliana

Milano, richiamata in patria usufruisce della deroga per la didattica a distanza e da Ramat Gan sostiene tre prove. Che a poche settimane dalla laurea non le vengono riconosciute

L’arrivo di un elicottero israeliano al Chaim Sheba Medical Center di Ramat Gan

L’arrivo di un elicottero israeliano al Chaim Sheba Medical Center di Ramat Gan

Milano – Per un anno ha seguito le lezioni della facoltà di Medicina a distanza, da Israele. Lei, studentessa della Statale di Milano, era partita come riservista dell’esercito israeliano, ma per prestare servizio in un ospedale, lo Sheba Medical Center di Ramat Gan, a nove chilometri da Tel Aviv.

Per questo, in quanto riservista sì, “ma in area sanitaria”, le era stato concesso di prestare lì anche le attività professionalizzanti, “che le sono state tutte correttamente riconosciute”, spiegano dall’ateneo. Che non aveva invece autorizzato altre tre richieste di didattica a distanza perché non in linea con il percorso di studi. L’intoppo - con annesse polemiche politiche e le prime carte bollate - è venuto a galla poche settimane prima della laurea (la cerimonia era prevista a luglio). Perché oltre alle lezioni a distanza, la studentessa israeliana ha sostenuto da Tel Aviv tre esami. Che sono stati annullati “perché la legge italiana non lo consente”. Era stato previsto solo durante la pandemia, non sono state contemplate eccezioni in tempi di guerra, neppure nella circolare ministeriale del 7 novembre 2023 che permette agli atenei “al fine di assicurare continuità didattica, in considerazione della grave crisi bellica che interessa i Paesi dell’area medio orientale, di procedere alla erogazione delle attività didattiche in modalità a distanza”. Lezioni sì, esami no.

Di “errore di interpretazione da parte dei docenti” parla la Statale, che dice di averlo scoperto “all’esito di un controllo di prassi” mentre i legali della studentessa si sono già fatti avanti per il riconoscimento degli esami. Intanto la Statale ha avviato un’indagine interna per capire come sia potuta succedere la “grave incongruenza”. “La studentessa è stata immediatamente informata della irregolarità e le è stata data indicazione della necessità di ripetere i tre esami in presenza, come prescritto dalla legge, dandole ogni tipo di supporto idoneo a poterli svolgere il prima possibile”, fanno sapere dall’ateneo, precisando che “è condizione imprescindibile per garantire la validità del titolo di studio ed è quindi misura a tutela della stessa studentessa”.

Intanto però si sono scatenate le polemiche su entrambi i fronti e le liste Studenti Indipendenti - Link, UniSì e Sinistra Universitaria–Udu si scagliano contro la deroga stessa e “gli atenei complici di Israele”. “Le normative nazionali ed europee vengono applicate con rigidità – scrivono in una nota – anche in casi di situazioni familiari complicate, condizioni di salute mediche gravi e accertate agli studenti non sono concesse deroghe sulla presenza e la frequenza al corso di laurea. Come non sono concesse a tutti quegli studenti che si trovano in stati in guerra o bloccati per ragioni umanitarie. Perché sembrano esserci ragioni più importanti di altre? E perché queste ragioni sussistono per tutelare un esercito accusato di crimini contro l’umanità?”.

Nel mirino la circolare ministeriale: “Dal 7 ottobre l’esercito israeliano ha richiamato in patria, come riservisti, studenti israeliani nelle università italiane e il Ministero ha agevolato il rimpatrio di coloro che hanno scelto di arruolarsi. Le nostre università non devono essere al servizio della guerra”.