Spesa a domicilio, tagli sui precari: a casa fino a 200 rider

Scure sulla flotta di 800 precari impiegati a Milano dal colosso Getir. E ristoranti di quartiere lanciano la sfida: gestiamo noi le consegne

La società turca Getir

La società turca Getir

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Per i rider, che nei mesi scorsi avevano lasciato il lavoro attirati dalle migliori condizioni offerte dallo sbarco a Milano del colosso turco della spesa a domicilio Getir, è arrivata la doccia fredda. Sulle circa 800 persone assunte a Milano con contratti a termine per le consegne e la gestione della merce nei “dark store“, i negozi sparsi per la città e aperti solo per il servizio, è caduta infatti la scure degli esuberi. Fino a 200 - quindi una parte rilevante della forza lavoro - sono già state lasciate a casa o verranno “licenziate“ a breve, per il mancato rinnovo del contratto o per il mancato superamento del periodo di prova.

«Questa drastica riduzione del personale – spiega Mario Grasso, sindacalista della Uiltucs – contrasta con le garanzie di stabilizzazione che avevamo ottenuto ai tavoli. Getir, in qualità di startup, ha approfittato del primo anno di attività per inserire quasi tutto il personale con contratti a termine e ora che è venuta meno la possibilità si rifiuta di assumere". In alcuni “dark store“ milanesi il personale è stato praticamente dimezzato, anche per effetto di ci spostamenti in altre aree. Solo una parte ha ottenuto il rinnovo del contratto per i prossimi sei mesi. Getir un anno fa aveva fatto il suo ingresso nel mercato milanese con una massiccia campagna pubblicitaria, anche tappezzando mezzi e spazi pubblici. Ha attirato rider offrendo il contratto del commercio e tutele maggiori rispetto alla giungla del delivery. Così si è formata una flotta composta da circa 800 rider e “picker“ nei negozi, quasi tutti precari, oltre a 75 impiegati amministrativi. A Milano si sono poi aggiunte Roma e Torino (prossimamente Bologna), arrivando a circa 1300 dipendenti, per lo più a termine. I tagli del personale, dovuti secondo quanto è emerso negli incontri con i sindacati a "decisioni prese direttamente dalla Turchia" per ridurre i costi, colpirebbero per ora solo la flotta milanese, quella più numerosa. Intanto ristoratori di Milano sfidano i colossi del food delivery, che impongono al mercato le loro tariffe. È nata infatti la community di quartiere Takelocal, per ora avviata a Nolo, Isola e Porta Venezia.

Un progetto spontaneo di un gruppo di ristoratori che "non trovavano soddisfazione nei modelli attuali di delivery, perché le grandi piattaforme erodono tutti i guadagni, non permettono il controllo nella gestione e allontanano la comunicazione con i clienti". Gestiranno quindi in autonomia le consegne, come si faceva una volta, con in più i benefici della digitalizzazione. Hanno creato infatti un portale unico per ordinazioni e pagamenti (il sito www.takelocal.it, le pagine Instagram e Facebook o i siti dei ristoranti che rimandano alla pagina di ordine) e le consegne vengono effettuate direttamente dai ristoranti o da una flotta di “rider di quartiere“ condivisa.

 

 

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