Rider batte Deliveroo: "È subordinato, libertà di scelta solo apparente"

Il Tribunale di Milano accoglie il ricorso di un fattorino che lavorava per la piattaforma nel 2018: assunto col Ccnl Commercio

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La possibilità per un rider di accettare o meno una consegna è solo apparente, perché "far dipendere la scelta dei turni orari da un sistema di punteggio nega di per sé che possa parlarsi di libertà". E la decurtazione del punteggio "non solo si configura come espressione di un potere disciplinare ma si appalesa anche quale manifestazione di un più generale potere direttivo". Lo ha messo nero su bianco il Tribunale del Lavoro di Milano, nella sentenza con cui ha accolto il ricorso di un rider che nel 2018 lavorava per Deliveroo, uno dei colossi delle consegne. I giudici, al termine di un procedimento di primo grado che si è trascinato per anni (il ricorso fu depositato il 18 marzo 2019), hanno stabilito, valutando le condizioni dell’epoca, che la sua attività presentava "i connotati propri della subordinazione". Non era un lavoratore autonomo, come invece hanno sostenuto i legali della piattaforma in questa e in altre cause analoghe approdate nei Tribunali. Una sentenza pilota, a Milano, perché decine di altri ricorsi apdavanti al Tribunale del Lavoro si sono conclusi con la scelta dei ciclofattorini di accettare le somme di denaro messe sul tavolo dalle aziende per chiudere il contenzioso, arrivando a una conciliazione. In questo caso il rider, seguito dal sindacato Uiltucs e dallo studio legale Paganuzzi, ha deciso di andare fino in fondo ottenendo una vittoria che scrive un nuovo capitolo nell’intricata vicenda delle battaglie giudiziarie intentate dai rider e dai sindacati per ottenere migliori condizioni di lavoro. I giudici hanno stabilito quindi, dichiarando "l’esistenza tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e pieno", che il fattorino deve essere assunto full time con il contratto collettivo nazionale del Commercio. La sua storia, ripercorsa dalle carte del procedimento, è simile a quella di tanti altri fattorini su due ruote, lavoratori nel mondo della gig economy e degli impieghi regolati da app. "Ricordo che c’era un livello di affidabilità in base al quale venivano proposte delle consegne – ha spiegato in aula un testimone ricostruendo le condizioni di lavoro dell’epoca –. Chi aveva una bassa disponibilità aveva minore priorità sulla possibilità di avere ordini". Un altro rider ha spiegato che "nel 2017 ricevevo circa 7 euro l’ora e 1 euro a consegna, poi quando c’è stato il ranking si prendeva solo una percentuale sulla consegna e non c’era un minimo fisso".

I legali di Deliveroo hanno sostenuto che "la natura di rapporto di lavoro subordinato sarebbe negata dall’assenza di un obbligo ad eseguire la prestazione". Ma questa libertà, secondo il giudice Franco Caroleo, era solo apparente, a causa del meccanismo dei punteggi e del "ristretto margine di scelta". La prestazione risultava "completamente organizzata dall’esterno con un’incidenza diretta sulle modalità di esecuzione, sui tempi e sui luoghi". "Ora – spiega Mario Grasso, della Uiltucs – abbiamo uno strumento in più, una sentenza che riconosce quello che da tempo affermiamo: questo è un lavoro subordinato, i rider hanno diritti e devono avere le tutele".

Andrea Gianni

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