
Gli articoli del Giorno sul caso del professor Marco Anghileri del Politecnico
Milano, 25 aprile - Più di 400mila euro incassati in dieci anni di attività al San Gerardo di Monza. Un milione in nove anni dalla Fondazione Don Gnocchi. E altri 348mila euro dall’attività professionale svolta presso altre strutture ed enti privati. Soldi che ora Fabrizio Carini, ricercatore universitario specializzato in malattie odontostomatologiche, dovrà in gran parte restituire al suo ateneo, la Bicocca. Sì perché nei giorni scorsi la seconda sezione d’Appello della Corte dei Conti ha confermato quanto stabilito in primo grado dai colleghi della Lombardia: il docente è stato condannato a risarcire all’ateneo 1,328 milioni di euro, con uno sconto sulla cifra iniziale garantito dal riconoscimento della prescrizione per il periodo pre-2009.
Secondo la ricostruzione della Procura regionale, Carini è stato assunto dall’università il primo aprile 2005 "in qualità di ricercatore non confermato"; una volta ottenuta la conferma, nel 2008, ha optato per il regime di esclusività del rapporto di lavoro. Peccato che in parallelo, sintetizzano gli atti, abbia continuato a svolgere "attività libero-professionale medico-odontoiatrica" all’ospedale San Gerardo (dal primo marzo 2004 al febbraio 2014), alla Fondazione Don Gnocchi (dal 2005 al 2014) e in alcuni studi e strutture private della Brianza. Incasso totale: 1,987 milioni. Stando a quanto risulta, Carini non ha mai comunicato nulla alla Bicocca, impedendo così all’ateneo di esprimere una valutazione sull’eventuale incompatibilità di quelle attività col ruolo "esclusivo" di ricercatore in ateneo. In questo modo, ha generato due tipi di danno. Il primo, quantificato in 88.088,81 euro (e ridotto in primo grado a 12.778,01 euro), è legato alla differenza tra quanto ricevuto come stipendio per lavoro a tempo pieno e quanto avrebbe invece dovuto percepire per il regime lavorativo di fatto "a tempo definito". Il secondo, di 1,863 milioni (cifra abbassata dalla prescrizione a 1,315 milioni), è legato al "mancato riversamento all’amministrazione universitaria dei compensi derivanti dall’esercizio professionale extra moenia".
In Appello, Carini ha ribadito che i vertici universitari sapevano delle sue attività, in gran parte effettuate presso enti con i quali la Bicocca "aveva sottoscritto appositi accordi per la messa a disposizione di locali e strutture in favore dell’ateneo". Ammesso che sia vero, il ragionamento dei giudici, questo non sarebbe bastato a esimere il docente dall’obbligo di comunicazione: "Ai fini dell’occultamento non occorre uno specifico comportamento finalizzato a una falsa rappresentazione della realtà, sì da impedire la conoscibilità del danno, ma è sufficiente il silenzio, consapevolmente serbato dall’autore della condotta, sullo svolgimento dell’attività libero-professionale".