Ha un futuro difficile la ricerca italiana, stretta com’è da una burocrazia eccessiva, povera di fondi e con pochi ricercatori: ne è convinto Silvio Garattini, che nel 1957 ha fondato a Milano l’Istituto farmacologico Mario Negri proprio per avere una ricerca più snella e libera da vincoli burocratici. Il prossimo novembre compirà 95 anni, Garattini ha ricevuto ieri al Quirinale il premio nazionale presidente della Repubblica che gli era stato assegnato dall’Accademia Nazionale dei Lincei nel 2021, ma a causa della pandemia di Covid-19 la cerimonia è avvenuta soltanto adesso. I Lincei hanno voluto premiare il farmacologo per il suo "ruolo assai importante nell’indirizzare attraverso le sue attività molta della ricerca biomedica applicata alla salute e dell’impegno sociale svolto a livelli diversi, che ne fanno un esempio e un punto di riferimento nel Paese".
Del suo "contributo unico e straordinario dal punto di vista della ricerca scientifica", ha parlato anche il Nobel Giorgio Parisi, che nel 2021 era presidente dell’Accademia dei Lincei. "La situazione della ricerca italiana è difficile e siamo indietro anche nell’utilizzo dei fondi del Pnrr", ha detto Grattini. "Da un punto di vista generale, l’Italia ha circa la metà dei ricercatori rispetto alla media europea. Molti vanno all’estero, dove trovano migliori condizioni per la loro attività e molti altri non cominciano nemmeno, sapendo che nel nostro Paese la ricerca non è sostenuta. Questo si riflette sulla situazione economica, nella quale abbiamo una percentuale di investimenti nella ricerca molto bassa rispetto a media europea. Pensiamo soltanto - ha aggiunto - che per avvicinarci alla spesa della Francia dovremmo aumentare il bilancio per la ricerca a 22 miliardi l’anno". Il grande problema dell’Italia, ha detto ancora Garattini, è che "la ricerca è considerata una spesa anziché un investimento, mentre senza ricerca il progresso economico è difficile, soprattutto nei tempi attuali, in cui la tecnologia sta avendo un grande impulso. Ma la tecnologia dipende dalle conoscenze". C’è poi "la grande difficoltà determinata dalla burocrazia: ogni cosa richiede complicazioni burocratiche che non esistono in altri Paesi" e che sottraggono una grande quantità di tempo. Quanto ai ricercatori, quelli italiani "hanno una produttività pari a quella degli stranieri, ma sono pochi, non basta avere una buona idea, bisogna avere una massa critica di ricercatori e, se questa non c’è, quello che pubblichiamo è solo uno spunto per gli altri".