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Cronaca

Scuola in Lombardia, le superiori chiuse fino al 25 gennaio

Rinvio disposto dalla Regione. Il governatore Attilio Fontana: "Virus da monitorare, non possiamo permetterci un’altra falsa partenza"

Studenti in protesta

Studenti in protesta

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La campanella alle scuole superiori resta congelata, per (almeno) altri quindici giorni. Dopo il rinvio dal 7 all’11 gennaio, non suonerà fino al 25 gennaio. Ad annunciarlo, con una nota, è Regione Lombardia. «Preso atto delle valutazioni e delle risultanze di carattere sanitario, connesse all’attuale diffusione del Covid, condivise con il Comitato Tecnico Scientifico lombardo, Regione Lombardia ha assunto l’orientamento di proseguire le lezioni per le scuole secondarie di secondo grado con la didattica a distanza al 100%». Ovvero lunedì non torneranno in classe circa 400mila studenti lombardi, fra scuole superiori statali e paritarie. In arrivo una nuova ordinanza, in vigore fino al 24 gennaio. La decisione è presa, a prescindere dal “colore” verso cui virerà la Lombardia sulla base dei nuovi parametri e che si scoprirà oggi. 

«Non possiamo permetterci un’altra falsa partenza sulla scuola, con un apri e chiudi che non fa bene né a studenti né ai dati sanitari – spiega su Facebook il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana –. Prendiamo questo tempo sia per ulteriori valutazioni sull’andamento del virus in questo primo mese del 2021, sia per mettere in campo nuovi e concreti provvedimenti per supportare la ripartenza in sicurezza». La decisione al culmine di una giornata di proteste, con studenti, genitori e docenti in piazza e davanti alle scuole. «Eravamo pronti a ripartire il 7, se non cambiano le condizioni il piano sarà pronto anche per il 25 – commenta Augusta Celada, direttore dell’ufficio scolastico regionale –. Se no ci impegneremo ancora, ma è la tela di Penelope». Cuci, disfa e ricuci: lo hanno fatto i presidi in queste settimane con la regia delle dodici prefetture, per riportare in classe il 75% degli studenti, sceso poi al 50%. Lo hanno fatto le agenzie di trasporto potenziando dal 10 fino al 50% in alcune province i mezzi pubblici. Lo ha fatto un’intera città, come Milano, per ridisegnare il suo orologio, scaglionando le aperture. Piano che sarà “scongelato” – ricorda Palazzo Marino – solo quando riapriranno le superiori. Perché ruotava attorno a loro. 

«Regione Lombardia si è dimostrata per l’ennesima volta un’istituzione poco seria, dopo essere stata al tavolo con noi per settimane, a due giorni di distanza dall’ultimo tavolo ci propina un’ulteriore rinvio – scuote la testa Beatrice Uguccioni, delegata alla Mobilità di Città Metropolitana –. Sono vicina al mondo della scuola e confermo il nostro impegno al loro fianco.Vorrei anche capire come verranno gestiti e che soluzioni si troveranno rispetto ai soldi pubblici che sono stati investiti nel piano della ripartenza».  «Abbiamo chiesto, sin dall’inizio, di valutare il monitoraggio dei contagi, con il Cts. Almeno qualche nostra riflessione è stata raccolta», commenta invece Massimo Spinelli, presidente dell’Anp Lombardia, associazione nazionale dei dirigenti. Anche se il fronte dei presidi, dopo il lavoro fatto, non è compatto sul rinvio. Non erano mancate tensioni anche dopo la redazione del Patto per la Città e la nota della Prefettura d Milano che invitava ad attenersi al 50% delle presenze, ricordando le sanzioni previste. «La scuola non è un panetto di burro che si può tagliare alla grammatura desiderata», aveva tuonato Spinelli, prima di chiarirsi col prefetto Renato Saccone, che in una nota ha ribadito che «l’indicazione era per un gruppo sparuto di dirigenti che insistevano per portare in classe l’80% se non il 100% degli alunni, in aperta difformità rispetto alle indicazioni dell’autorità sanitaria». Niente 100, 80 e ora nemmeno 50%: si torna a ricucire la tela dal 25 gennaio.  

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