ROBERTA RAMPINI
Cronaca

Dalla guerra alla gioia più grande. "Per le mie figlie chiedo solo pace"

Yuliia racconta l’incubo della fuga prima della nascita, a Rho, di Nikole: chiuse in auto per giorni, abbiamo avuto paura

Yuliia Dmitrashchuk con la piccola Nikole

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Rho (Milano) - "Quella mattina terribile stavo preparando mio figlia per portarla a scuola, mi ha telefonato mio marito che fa l’autista ed era già al lavoro dicendo che aveva sentito che Putin aveva dichiarato la guerra al nostro Paese e che c’erano bombardamenti su Kiev. Mi ha detto ‘prepara le valigie devi partire subito e andare in Italia da tua madre'. Abbiamo dovuto aspettare perché nel serbatoio dell’auto non avevamo benzina, io e mia figlia siamo partite alle sei del pomeriggio. Lui mi incoraggiava e continuava a dirmi ‘io riesco a stare qui se sono certo che voi siete al sicuro’. Non avevamo alternative".

È il racconto di Yuliia Dmitrashchuk, 31 anni, la donna ucraina alla 38esima settimana di gravidanza, che il 24 febbraio, allo scoppio della guerra, è scappata dal suo Paese, insieme alla figlia di 8 anni. Ha guidato per migliaia di chilometri e ha raggiunto la mamma che da vent’anni vive a lavora come badante a Rho. È lunedì 28 febbraio quando finalmente arrivano: giusto il tempo degli abbracci, poi inizia il travaglio. Accompagnata all’ospedale rhodense, all’una meno un quarto di martedì ha dato alla luce Nikole, tre chili di peso. "È stato un parto veloce – spiega Ambrogio Frigerio, direttore dell’ostetricia e ginecologia dell’Asst Rhodense – la mamma e la bambina non hanno avuto complicazione e oggi (ieri, ndr ) saranno dimesse, così potranno stare tranquille a casa della nonna".

È di questo che hanno bisogno Yuliia, Nikole e la sorellina di 8 anni: "Lei adesso è serena, anche se capisce tutto e vede alla televisione le immagini della guerra, ha scritto dei messaggi ai suoi compagni di classe di Ternopil, ma non ha ricevuto alcuna risposta, loro sicuramente sono nascosti in qualche metropolitana e forse non visualizzano i messaggi", aggiunge Yuliia. Ci racconta del suo viaggio, in ucraino, perché conosce poche parole d’italiano. Ci aiuta nella traduzione un’infermiera moldava che lavora nel reparto di ostetricia dell’ospedale rhodense, non comprendiamo quello che dice Yuliia, ma gli occhi lucidi e la voce rotta tradiscono il suo stato d’animo.

"Abbiamo avuto paura, perché siamo state ferme tre giorni alla frontiera con la Polonia, non avevo mai visto tanta gente scappare in quel modo, tante donne e bambini, c’erano 15 chilometri di coda, ci siamo chiuse in macchina ad aspettare, quando mi addormentavo dicevo a mia figlia di svegliarmi se la coda ripartiva, molti ci bussavano al finestrino per chiedere un passaggio – aggiunge Yuliia –. Poi dalla Polonia all’Italia è stato più facile". Il giovane compagno di Yuliia, che è stato richiamato dall’esercito, ha visto la piccola Nikole qualche ora dopo la nascita con una videochiamata. "Lui ora deve restare a difendere la regione in cui viviamo che si trova nella parte est dell’Ucraina al confine con la Polonia, per il momento non è ancora stato chiamato a Kiev. Noi restiamo qui fino a quando non finirà la guerra". La famiglia di Yuliia era venuta l’ultima volta in Italia a Capodanno: "Abbiamo festeggiato l’inizio del nuovo anno tutti insieme e dopo qualche giorno siamo tornati a casa". Avevano preparato la cameretta per Nikole, "da noi è sempre stato tutto tranquillo fino al giorno della dichiarazione di guerra da parte della Russia. Non pensavo di tornare qui in Italia per la guerra, noi adesso siamo salvi ma pensiamo a chi è ancora là sotto i bombardamenti".