DAVIDE FALCO
Cronaca

Resistenza “oltre quel muro“. Storie di rhodensi in mostra

Dal partigiano Caloisi al ricordo di Lepetit nascosto a Villa Scheibler, l’iniziativa a Villa Burba

Dal partigiano Caloisi al ricordo di Lepetit nascosto a Villa Scheibler, l’iniziativa a Villa Burba

Dal partigiano Caloisi al ricordo di Lepetit nascosto a Villa Scheibler, l’iniziativa a Villa Burba

Mostra sulla Resistenza nel campo di Bolzano: le storie dei rhodensi in foto. E anche grazie ai video in cui parlano il partigiano Dino Caloisi e Piera Pravettoni, che ricorda Roberto Lepetit nascosto a Villa Scheibler. L’iniziativa di Aned, a Villa Burba, trova stretti legami con la storia cittadina. La mostra rimane aperta fino al 31 gennaio dalle 9 alle 13 (chiusura tutti i pomeriggi tranne sabato e domenica quando sarà visitabile dalle 16 alle 18). Si presenta come un tuffo nella storia della città, grazie a due video, uno in cui il partigiano Dino Caloisi raccontava la sua prigionia a Bolzano, uno in cui Piera Pravettoni ricordava la permanenza della famiglia Lepetit a Villa Scheibler.

La mostra “Oltre quel muro. La Resistenza nel campo di Bolzano 1944- 1945” è l’occasione di conoscere nuovi dettagli sulla storia di Rho e delle persone che qui hanno trovato accoglienza negli anni della dittatura fascista. Realizzata da Dario Venegoni e Leonardo Visco Gilardi per conto della Fondazione Memoria della Deportazione, con l’Alto Patronato del Capo dello Stato, la mostra è curata da Carmen Meloni di Aned Milano. "Il campo di Bolzano venne aperto dopo la chiusura di Fossoli. Vi transitarono circa diecimila persone. Oggi abbiamo con noi alcuni parenti di deportati: Cristina Caloisi, figlia del partigiano Dino, di cui nella mostra si ricorda la tuta blu con la croce rossa di Sant’Andrea sul dorso; Nereide Bianchi col marito e la figlia, i familiari di Felice Bianchi, un altro rhodense, deportato col Trasporto 81; Marinella Costa, figlia del bellunese Ezio Costa, che è riuscito a sopravvivere ma non ha mai raccontato ai propri cari cosa avesse vissuto", spiega Carmen Meloni, nipote del deportato Pietro Meloni. "Dopo l’8 settembre 1943, Bolzano, Trento e Belluno vennero annesse al Terzo Reich. Mio padre, che prima gestiva una libreria in piazza Duomo a Milano, luogo di incontro degli antifascisti, era approdato a Bolzano e iniziò lì un lavoro clandestino, entrando nel Comitato di Liberazione Nazionale su richiesta dell’amico Lelio Basso. Misero in piedi una struttura clandestina a triadi: uno solo dei tre conosceva altre cellule, se catturati la consegna era di non parlare almeno per le prime 24 ore dall’arresto. Quando tutti gli uomini finirono arrestati, subentrarono mogli e compagne", racconta Leonardo Visco Gilardi, presidente di Aned Milano.