"Bella Milano": le storie di rinascita di chi pulisce la città

Il progetto promosso dal Comune reintegra nel tessuto urbano chi è ai margini della società. E lo ricolloca nel mondo professionale

Milano - Una seconda chance, un’occasione per voltare pagina e lasciarsi alle spalle capitoli in ombra della propria vita. Per Antonio, Cosimo, Renato, Hope, solo per citare alcuni ragazzi che fanno parte del progetto solidale "Bella Milano", sostenuto dall’assessorato alle politiche sociali di Milano, l’inclusione nel piano di riqualificazione di alcuni quartieri del capoluogo lombardo, rappresenta questo e molto di più. L’iniziativa nata nel 2017 ha come obiettivo primario la reintegrazione nel tessuto urbano di individui che per i più disparati motivi si sono ritrovati ai margini della società - disoccupati, senzatetto, migranti - e che attraverso un’attività dedicata alla cura di quartieri, piazze e zone degradate di Milano, in parte retribuita con buoni pasto e un piccolo compenso giornaliero, possono ritrovare autostima.

Luigi Saracino, coordinatore della Cooperativa sociale di tipo B “Detto Fatto“ che assieme a “Spazio Aperto“ e “Veste Solidale“, si occupa di gestire le squadre di pulizia formate da due volontari, due tirocinanti e un capo squadra, dal 2017 ha potuto toccare con mano il percorso umano e professionale che da allora ha coinvolto più di 100 ragazzi: "Arrivano da noi con ancora svariati problemi ma qui trovano un posto sicuro in cui tornare alla normalità. Circa il 35 per cento poi viene ricollocato nel mondo del lavoro, e a quel punto la nostra missione è compiuta".

L’assessore al Welfare e Salute Lamberto Bertolé sottolinea un aspetto emerso nel corso degli anni: "L’integrazione lavorativa è solo una parte del risultato del progetto, che è stato nel tempo la base di nascita di rapporti di amicizia che proseguono oltre la fine del percorso".

 

"Qui ho trovato una vera famiglia"

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Antonio, 45enne ex dipendente di Sicuritalia, nato a Quarto Oggiaro ma con origini meridionali, come sottolinea fieramente lui, ad aprile ha conosciuto Luigi Saracino tramite Celav, Centro di Mediazione al lavoro, e da quel giorno la sua vita è cambiata per sempre. O meglio, il coordinatore della cooperativa “Detto Fatto“ gli ha offerto l’opportunità di riprendersi un pezzo di quello che alcuni sfortunati eventi gli avevano tolto: a poco a poco Antonio sta ritrovando la stima e la fiducia nei propri mezzi. Lavora sei giorni su sette dalle 8.30 alle 12.30 con pausa pranzo di un’ora e poi ancora al pomeriggio dalle 13.30 alle 15.30, concedendosi di tanto in tanto una battuta con i colleghi e una pausa caffè, si preccupa di ripulire quartieri come Baggio e Quarto Oggiaro, che lui, nativo di Milano, conosce meglio di altri. "Qui ho trovato una famiglia, e spero di rimanerci a lungo". Nella parole e sul volto di Antonio si legge la gratitudine e la commozione di chi dopo tante sofferenze ha finalmente trovato un pò di serenità: "Fino a due anni fa pesavo 350 chili, avevo accumulato così tanto stress per la morte dei miei genitori da decidere di rinchiudermi in casa. Poi i miei zii mi hanno convinto a sottopormi ad un intervento di sleeve gastrectomy e nel giro di un anno ho perso 70 kg". Antonio parla piano e sta attento alle parole che usa, è ancora troppo presto per il ricollocamento nel mondo del lavoro ma l’opportunità di offrire un contributo alla causa lo incentiva a rendere al meglio: "L’aspetto pù bello di questo lavoro è che sei sempre in mezzo alla persone, qualcuno ti offre la colazione o ti ferma per ringraziarti. Rendere i quartieri più belli è come dire alle persone “Non siete soli, noi vi vediamo“. 

 

"Finalmente sono tornato sereno"

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Renato, 51 anni, milanese doc con un curriculum invidiabile da informatico. "Una vita fa lavoravo da libero professionista nell’ambito dell’information technology, ho anche frequentato l’università fino al secondo anno. Poi la cataratta e mi ha fatto perdere progressivamente la vista. Se non sono cieco è per merito dei cristallini artificiali che mi hanno inserito" racconta lui. Oggi Renato, che è capo squadra e si occupa di organizzare i lavori di pulizia in zona Tricolore, Quarto Oggiaro e Baggio, gestendo il suo piccolo gruppo di lavoro, si è lasciato alle spalle i tanti problemi famigliari che nel corso degli anni lo hanno portato a vivere una situazione di estremo disagio: "Mio fratello era un’accomulatore seriale, riuscire a farlo emergere da quella difficoltà ha fatto cadere anche me in un tunnel senza uscita. Non so dove sia in questo momento, abbiamo tagliato i ponti, ma per fortuna ora sono sereno". Le responsabilità certo non mancano a Renato, il quale spesso si trova a gestire problematiche non facili nel gruppo squadra; a questo proposito due anni fa ha sostenuto un corso per tutor che gli ha consentito di acquisire competenze ancora più mirate: "È stato fondamentale seguire il corso: i ragazzi devono essere formati e spesso indirizzati verso un giusto approccio nei confronti di questa attività". L’ex informatico non si è fermato nemmeno durante il primo lockdown: quando il servizio di riqualificazione urbana della città è stato sospeso, lui è stato ricollocato nelle squadre di sanificazione e disinfezione e con entusiasmo ha raccolto le chiamate di aiuto dei centri disabili, dei centri accoglienza, di comunità per minori e di vittime di violenza.

 

"Avevo paura di non lavorare più"

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Cosimo, 54 anni, nato a Bari, residente nel quartiere di Affori, con tanta voglia di lasciarsi alle spalle alcuni precedenti penali che negli hanno lo hanno portato a finire davanti alla legge e a dover fare i conti più volte con la giustizia. "Negli anni ’90 sono stato coinvolto in un blitz antidroga a Milano e da allora non è stato facile rientrare nei quadri lavorativi a pieno regime" racconta non senza qualche rimpianto. Disoccupato fino al 2017 ha anche buoni motivi per cui sorridere: un figlio, 2 nipoti e un passato in parte riabilitato da un’esperienza come volontario della Croce Rossa. Dopo essere stato preso in carico dagli UEPE, uffici di esecuzione penale esterna, che si occupano di gestire le persone che devono scontare una pena all’esterno del carcere, il suo caso è stato segnalato al Celav e nel 2017 è stato uno dei primi reclutati del progetto a favore del decoro urbano di Milano: "La mia paura più grande all’inizio era di non riuscire a passare la selezione a causa dei miei precedenti, ma la cooperativa ha voluto darmi un’opportunità e nel giro di qualche anno sono stato assunto a tempo indeterminato nel ruolo di capo squadra. Ora incontro persone che hanno avuto un passato difficile come il mio e le sprono a non arrendersi mai". Tra le tante battaglie che ha dovuto combattere anche quella contro il Covid, che durante la prima ondata di pandemia lo ha costretto in ospedale per cinque mesi: "Mi è dispiaciuto lasciare i miei colleghi da soli, avrei voluto offrire un contributo nei servizi di risanificazione ma non potevo muovermi dal letto. Qualcuno ha voluto mettermi alla prova per un’ultima volta e ho dimostrato di essere più forte anche del Covid" conclude Cosimo.

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