Referendum, i "sì" vincono 5 volte Sull’incandidabilità lo scarto minore

L’affluenza si ferma al 16,20%, al di sotto della media nazionale del 20,94%. Il 54% è contro la legge Severino

di Massimiliano Mingoia

Cinque referendum, cinque vittorie del "sì", sull’onda lunga dei dati nazionali. I risultati di Milano sui quesiti referendari confermano quelli italiani, ma l’affluenza, alla fine, è inferiore a quella registrata in tutto il Paese, e non di pochissimo: il capoluogo lombardo non è andato oltre il 16,20% (153.851 milanesi si sono recati ai 1.248 seggi sui 949.436 aventi diritto), l’Italia ha toccato il 20,94%.

Entrambe percentuali bassissime, intendiamoci: il quorum del 50% più un voto si è capito che era irraggiungibile fin dalle prime ore del voto di domenica. Ma Milano al di sotto dell’affluenza nazionale è un dato che va segnalato perché il leader della Lega Matteo Salvini, uno dei proponenti dei cinque referendum, e il fondatore di Forza Italia Silvio Berlusconi, alfiere del garantismo, sono di Milano, ma nemmeno la loro presenza ai seggi è servita a scuotere i residenti nel capoluogo lombardo, la stragrande maggioranza dei quali domenica ha deciso di andare al mare, in montagna, al parco, a fare una passeggiata o di restare a casa invece che esercitare il diritto di voto.

Affluenza a parte, vediamo come si sono espressi i milanesi sui cinque quesiti. Il risultato meno scontato è relativo al primo referendum, il più discusso, quello sull’incandidabilità dei politici dopo una condanna, cioè sulla legge Severino. Se a livello nazionale i sì alla modifica della legge Severino sono arrivati al 53,97% (46,03% i no), nel capoluogo lombardo hanno raggiunto il 54,08% con 45,92% di no. Passiamo al secondo quesito, quello relativo alla limitazione delle misure cautelari durante le indagini, un’altra proposta che ha fatto discutere: in città i sì toccano il 57,32% e i no il 42,68%, in Italia le percentuali sono simili ma non identiche: 56,12% contro 43,88%.

Gli ultimi tre quesiti, invece, registrano risultati molto più netti. Il terzo referendum proponeva la separazioni delle funzioni dei magistrati tra giudici e pubblici ministeri. I milanesi puntano sulla separazione delle funzioni con il 78,03% di sì (21,97% i no), percentuale plebiscitaria, più alta rispetto al data nazionale (74,01 contro 25,99%). Il quarto quesito, quello che proponeva la valutazione sui magistrati da parte degli avvocati, segna un altro segnale inequivocabile da parte dell’elettorato milanese: 77,40% di sì e 22,60% di no. Anche in questo caso i favorevoli a livello nazionale sono percentualmente meno (71,94%).

Il quinto e ultimo referendum, invece, riguardava l’elezione dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura. Milanesi favorevoli anche in questo caso con il 77,85% di sì e il 22,15% di no. A livello nazionale percentuali leggermente diverse: 72,52% a 27,48%.

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