NICOLA PALMA
Cronaca

Reddito di cittadinanza, in 600 senza requisiti incassavano al kebab: come funzionava la maxi truffa

Indagine dei carabinieri su chi non aveva i requisiti per avere il sussidio. Nei guai i titolari di tre negozi che distribuiscono i soldi con finti acquisti

L'incasso del reddito in una registrazione pubblicata dai carabinieri

L'incasso del reddito in una registrazione pubblicata dai carabinieri

Non solo non rispettavano uno dei requisiti fondamentali per accedere al sussidio, che in epoca pre-riforma era riservato solo ai residenti in Italia da almeno dieci anni (di cui due consecutivi). Di più: incassavano l’intera cifra in contanti, lasciando una percentuale del 10-15% a chi gli consentiva di aggirare le regole. A valle di un’indagine lunga e complicata, che nel dicembre scorso aveva vissuto un primo decisivo passaggio intermedio, i carabinieri del Gruppo tutela lavoro di Milano ha chiuso definitivamente il cerchio su un maxi raggiro ai danni dello Stato.

I numeri sono impressionanti: ben 597 cittadini, quasi tutti di origine somala e domiciliati tra Milano e altre tredici province sparse per lo Stivale, hanno percepito per mesi il Reddito di cittadinanza senza averne diritto. Non basta. L’esercito dei (quasi) 600, denunciati per truffa aggravata e falsa attestazione del possesso dei requisiti per la corresponsione del beneficio Rdc, avrebbero violato pure un altro caposaldo della legge: quello che permetteva di monetizzare solo una quota minoritaria del sussidio (100 euro), utilizzando il resto dei 500-600 euro mensili per acquistare beni di prima necessità.

Come funzionava? Secondo quanto accertato dai militari coordinati dal tenente colonnello Loris Baldassarre, i somali si recavano ogni trenta giorni in alcuni esercizi commerciali ed effettuavano finti acquisti con la carta del Reddito. L’esercente compiacente incassava il versamento senza causale via Pos e restituiva cash il denaro ai clienti, trattenendo per il disturbo una sorta di provvigione.

L’inchiesta è partita nel febbraio 2021, quando gli investigatori dell’Arma hanno avviato, in stretta collaborazione con gli uffici dell’Inps, verifiche a tappeto sui beneficiari del sussidio, intercettando alcune stranezze (un numero molto elevato di cittadini somali tra coloro che lo riscuotevano regolarmente) e decidendo d’intesa con la Procura di approfondire i controlli a caccia di eventuali illeciti.

Una volta accertato che i percettori effettuavano "anomali e ricorrenti" acquisti all’internet point "Gazi network" di via Padova 213, è scattata la fase due dell’indagine, con esame di tabulati telefonici, installazione di microcamere e acquisti simulati: gli occhi elettronici si sono rivelati fondamentali per ricostruire il meccanismo (ripetuto all’infinito) che portava il titolare a trasformare i soldi digitali della card in denaro contante quasi fosse un bancomat.

A dicembre, il gestore del Gazi network, il trentottenne bengalese Solaiman Hannan, è finito ai domiciliari con le accuse di riciclaggio continuato e abusiva attività di prestazione di servizi di pagamento, patteggiando poi due anni e sei mesi di reclusione (con confisca dei 20.800 euro riciclati).

Gli approfondimenti sono andati avanti, analizzando un’imponente mole di dati finanziari e arrivando a individuare altri due negozi diventati meta dei presunti imbroglioni: una rivendita di generi alimentari e un kebab tra via Farini e viale Stelvio.  I due titolari sono stati indagati a piede libero e perquisiti.

Altri 36 percettori, che avevano i requisiti, sono stati comunque segnalati all’Inps per l’indebito utilizzo del beneficio, immediatamente sospeso. I carabinieri hanno pure quantificato la somma di denaro riciclata complessivamente dagli esercenti (413mila euro) e l’indebita percezione ai danni dello Stato (2,374 milioni di euro).