Milano, 27 luglio 2022 - «Pensano che si tratti di una grande organizzazione con 400 membri e un capo supremo Dragan Mikic. Il quadro è più complesso: sono al lavoro una schiera di montenegrini, bosniaci, croati, serbi. Poi ci sono gli ex militari, anche loro della ex Jugoslavia. Non hanno un capo, un maestro. Tutto ciò che fanno è usare il proprio istinto e la propria intelligenza". Le ’Pink Panthers’ nelle parole di Palve Stanimirovic, figlio di Vojislav, che nel 1971 derubò il museo di Miami a capo di una banda di balcanici. Una definizione che meglio di altre inquadra la galassia che ruota attorno alle batterie di rapinat ori che da almeno 19 anni svaligiano le gioiellerie di mezzo mondo con la tecnica "smash and grab" ("distruggi e afferra"), riuscendo in una manciata di secondi a scappare con bottini a cinque, sei o addirittura sette zeri.
La strategia: mazzette da muratore e fughe spettacolari
Assalti preparati nei minimi dettagli, con sopralluoghi meticolosi e studio altrettanto approfondito delle cartine cittadine. Capacità camaleontica di adattarsi al luogo in cui "lavorano" e di usare ogni volta travestimenti diversi per non insospettire la vittima di turno. Sempre lo stesso modus operandi: mazzette da muratore "rinforzate" con punte di ferro per spaccare le vetrine e pistole in pugno per terrorizzare i derubati. Poi la fuga, che può essere spettacolare (vedi motoscafi a Saint Tropez del 2007) o molto più discreta (vedi biciclette usate nei raid milanesi). E proprio all’ombra della Madonnina è andata in scena venerdì scorso un’operazione della Squadra mobile, guidata dal dirigente Marco Calì, che ha portato al fermo di tre ’Pantere rosa’ montenegrine, ricercate in mezza Europa e accusate di altrettante irruzioni andate in scena nel Quadrilatero della Moda l’8 maggio 2019 (via Borgospesso), il 19 ottobre 2019 (via Battisti) e il 12 gennaio 2022 (via della Spiga): il presunto leader, il cinquantatreenne Milorad Zugic, era ricercato in patria per un omicidio e a Genova per il colpo del 29 luglio 2017 in una boutique.
Incastrati dalla memoria fotografica di un investigatore
Nel covo di corso Garibaldi, gli agenti hanno trovato due scacciacani, uno strumento per misurare lo spessore dei vetri, mappe, due Rolex, documenti falsi e attrezzi ginnici per tenersi in forma (gilet imbottiti di pesi e manubri). Perfetto stile ’Pink Panthers’. L’arresto è avvenuto anche grazie alla memoria fotografica di un investigatore dell’Antirapine della Mobile. In centro per un altro servizio in borghese, l’agente ha riconosciuto due dei presunti rapinatori, che si stavano spostando in bicicletta. Da qui il pedinamento da parte dei colleghi.
Le origini del soprannome "Pink Panthers"
Il soprannome ’Pink Panthers’ all’organizzazione è stato dato per la prima volta oltre Manica, dopo il blitz del 19 maggio 2003 alla Graff Jewellery Salon di Mayfair, a Londra: i segugi di Scotland Yard riuscirono a risalire a un membro della gang, e nella stanza d’albergo che condivideva con la compagna scovarono un diamante azzurro da 500mila sterline in un vasetto di crema per il viso, proprio come nel film del 1963 che vedeva Peter Sellers nei panni dell’ispettore Clouseau. Storie e aneddoti, finiti anche in un documentario della Bbc, che hanno contribuito ad ammantare di epico le gesta di una formazione criminale che di memorabile ha ben poco.