Undici colpi tra maggio e giugno: i cognati rapinatori traditi dai tattoo

Grifa, alias Tony Beccaria, riconosciuto dalla scritta "The End" sul sopracciglio

Una rapina ripresa dei cognati dalle telecamere di sorveglianza

Una rapina ripresa dei cognati dalle telecamere di sorveglianza

Milano - Matteo Antonio Grifa entra ed esce dal carcere da quando di anni ne aveva appena 15, tanto che al Corvetto tutti lo chiamano Tony Beccaria per ricordare l’antica familiarità con il carcere minorile. Precedenti per furti, rapine, estorsione e spaccio, il trentanovenne di via Ravenna è da sempre un volto noto per gli investigatori del commissariato Mecenate, che infatti l’hanno riconosciuto dall’inconfondibile tatuaggio "The End" sull’arcata sopraccigliare sinistra.

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Quella scritta, col senno di poi profetica per il pregiudicato, si è rivelata decisiva per dare un nome al bandito che tra il 21 maggio e il 30 luglio ha razziato gli incassi di nove farmacie (corso Lodi, via Pier Lombardo, via Bellezza, via Magliocco, piazzale Martini, piazzale Cuoco, via Marcona, via Illirico e via Lomellina) e del discount MD di via Negroli; senza dimenticare i gioielli e i diamanti portati via da un Compro oro di San Donato Milanese il 9 giugno. Totale del bottino: 4.399 euro. Insieme a lui, hanno ricostruito gli agenti dell’Investigativa di via Quintiliano guidati dal dirigente Angelo De Simone e dalla vice Annalisa Stefani, c’era sempre il cognato trentasettenne Mario D’Argento, con un curriculum criminale altrettato datato e consistente che conta pure il blitz armato del 19 ottobre 2019 al punto Snai di via San Francesco d’Assisi a Novara.

I due, per nulla preoccupati dalle restrizioni dovute in un caso alla libertà vigilata e nell’altro ai domiciliari in una comunità terapeutica, hanno agito per settimane con sconcertante regolarità, adottando sempre lo stesso modus operandi da banditi esperti. In sella a uno scooter Honda Sh 300 rubato (nascosto nei cortili dei palazzi popolari tra i silenzi complici di amici e parenti), i due arrivavano davanti all’obiettivo di giornata con qualche minuto di anticipo, così da studiare la situazione. 

Poi entravano fingendosi clienti (con i volti parzialmente coperti da berretti, caschi o mascherine) e si avvicinavano al bancone chiedendo sempre connettivina in garze, medicinale tutt’altro che comune. Quindi Grifa tirava fuori un coltello a serramanico o un taglierino e lo puntava al dipendente di turno, in alcuni casi spintonandolo verso il registratore di cassa per incutergli ancor più timore e spingerlo a riempire di contanti il più in fretta possibile un sacchetto bianco. Già, il sacchetto bianco, la serialità individuata dagli esperti dell’Ufficio analisi criminale della Questura dopo aver visionato le immagini delle telecamere. La svolta è arrivata proprio dal certosino screening dei filmati, che ha evidenziato i tattoo: "The End" per Grifa e tre stelle e il nome del figlio sull’avambraccio sinistro per D’Argento. I derubati hanno confermato i sospetti, riconoscendo i volti negli album fotografici. Già fermati tra fine luglio e inizio agosto, martedì la coppia di cognati si è vista recapitare in cella l’ordinanza firmata dal gip Sara Cipolla su richiesta del pm Francesca Crupi: nel provvedimento, il giudice ha contestato gli undici raid in concorso e la ricettazione del motorino. 

L’inchiesta del commissariato è ancora in corso, anche perché è molto probabile che Grifa sia entrato in azione altre sei volte con un complice diverso. Quando gli investigatori gli hanno notificato in carcere l’ulteriore misura cautelare, il trentanovenne non ha fatto una piega, come a dire: "Vi stavo aspettando".  

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