
Il rapinatore con la mascherina ripreso dalle telecamere di sorveglianza
Quella mascherina serviva sì come dispositivo di protezione individuale contro il Covid, nei tempi più duri della pandemia. Tuttavia, F.V. l’ha indossata anche, e soprattutto per i giudici, per coprirsi in parte il volto e aggirare così le telecamere di videosorveglianza dell’esercizio commerciale che stava per assaltare. Per questo, i giudici della Cassazione, nel solco di un indirizzo giurisprudenziale già emerso in precedenti pronunciamenti, hanno respinto il ricorso del cinquantasettenne nativo di Bollate, condannandolo in via definitiva per il reato di rapina aggravata.
Nelle motivazioni rese note nei giorni scorsi, non sono specificati i dettagli del colpo messo a segno da F.V., ma il fatto che il verdetto di primo grado sia stato emesso dal Tribunale di Milano il 20 dicembre 2021 lascia ipotizzare che il raid sia avvenuto nei primi mesi di quell’anno o nell’anno precedente, cioè nelle fasi più complicate dell’emergenza coronavirus. Ai tempi, indossare la mascherina era obbligatorio, in particolare quando si entrava in luoghi affollati o comunque al chiuso. E tanti rapinatori ne hanno approfittato: se prima del Covid infatti bisognava camuffarsi con sciarpe, scaldacollo o passamontagna, le stringenti regole anti-contagi hanno giocoforza favorito chi utilizzava il dispositivo di protezione per celare fino all’ultimo le sue intenzioni. A F.V., gli investigatori hanno contestato anche il travisamento, che rientra tra le aggravanti della rapina: "La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 2mila a euro 4mila se la violenza o minaccia è commessa con armi o da persona travisata o da più persone riunite", si legge al comma terzo dell’articolo 628 del codice penale.
Sia in primo grado che in Appello, il 31 gennaio 2023, i giudici hanno condannato F.V. per rapina aggravata. E così è stato pure in Cassazione. L’avvocato del cinquantasettenne ha presentato ricorso, ipotizzando la "violazione di legge in relazione alla configurazione dell’aggravante del travisamento perché l’imputato indossava la mascherina chirurgica durante il fatto commesso durante l’emergenza Covid-19 che imponeva l’uso di quelle mascherine".
La replica della Suprema Corte non lascia spazio alle interpretazioni: "In tema di rapina, ricorrono gli estremi dell’aggravante del travisamento nel caso in cui l’agente indossi una mascherina, non rilevando in contrario che l’uso della stessa sia prescritto dalla normativa di contrasto alla pandemia da Covid-19, atteso che la parziale copertura del volto mediante la mascherina è funzionale al compimento dell’azione delittuosa, rendendo difficoltoso il riconoscimento del responsabile". Conclusione: ricorso inammissibile, condanna confermata e pagamento delle spese processuali a carico dell’imputato.