
La gioielleria di via Induno a Milano
Milano, 27 ottobre 2018 - Gli occhi lucidi, in testa scene che vorrebbero dimenticare. «Fermi che mi scoppia il cuore», implora il rapinato a terra. Come in un film, lunedì sera marito e moglie di 74 anni, titolari della gioielleria Filù di via Fratelli Induno a due passi da via Cenisio, si sono ritrovati in balìa di tre rapinatori: spintoni, mani strette sulla bocca e una pistola puntata contro. Finché i banditi, volti coperti da passamontagna e mani protette da guanti, non hanno aperto la cassaforte e arraffato decine di migliaia di euro in gioielli, lasciando gli anziani coniugi con polsi e caviglie legati da fascette da elettricista.
La moglie è riuscita a liberarsi per prima e a chiamare i carabinieri, che ora sono a caccia dei rapinatori: sul caso stanno indagando i militari del Nucleo operativo della Compagnia Duomo. Non era un film. «Non auguro a nessuno un’esperienza del genere – dice lui –. Una cosa è certa: non venderemo più oro, è troppo pericoloso. Solo argento. Siamo in via Induno da 22 anni e non ci era mai capitata una rapina. Questa è stata violenta, terribile». Entrambi chiedono l’anonimato, ancora sotto choc. Lei mima il gesto di uno dei banditi, «che mi ha afferrato da dietro tenendomi il viso e premendomi una mano sulla bocca». L'incubo è iniziato alle 19.30: «Avevamo appena chiuso il negozio e stavamo uscendo dal retro», racconta il marito. «Abbiamo sentito una botta sull’uscio: in un attimo, appena abbiamo aperto la porta, in tre ci hanno spinto dentro e intimato di tacere. È stato come uno tsunami», continua lei. «Chissà da quanto tempo ci tenevano d’occhio – ragiona lui –. Sapevano da dove saremmo usciti e hanno scelto proprio quel lunedì, quando il barbiere di fianco e il sarto erano chiusi». Marito e moglie raccontano che i rapinatori hanno prima ripulito i ripiani con gli orologi, poi preso le cornici d’argento più grandi e i gioielli in vetrina. «Ma puntavano alla cassaforte. E mi hanno costretto ad aprirla», sottolinea il marito. «Hanno preso tutte le custodie con gli anelli e svuotato tutte le altre. C’erano pure gioielli in riparazione dei clienti». Una volta preso il bottino, «mi hanno fatto stendere sul pavimento – ricorda lui – schiacciandomi il viso a terra e legandomi polsi e caviglie. “Ho il cuore che scoppia”, ho detto. Così mi hanno fatto stendere supino». Mentre la moglie, pure lei bloccata dalle fascette, implorava di allentarle i polsi. «Mi hanno ascoltata, così sono riuscita a liberarmi e a lanciare l’allarme».
Tutto è durato una manciata di minuti. Quando in via Induno sono arrivati gli uomini del Radiomobile, i banditi erano già fuggiti verso via Tartaglia, probabilmente con un quarto complice che ha fatto da palo. «Parlavano italiano, questo lo ricordiamo. Purtroppo non ci sono telecamere che abbiano ripreso l’irruzione. Confidiamo negli investigatori che stanno lavorando», concludono marito e moglie, che dopo la rapina sono stati soccorsi da un’ambulanza. Ora i due coniugi, che festeggeranno 50 anni di matrimonio il prossimo anno, si fanno forza l’un l’altro. «Non siamo soli: al nostro fianco ci sono i nostri figli e i clienti, che ringraziamo per i tanti messaggi di affetto e la solidarietà dimostrataci. Noi andiamo avanti, più forti della paura».